domenica 12 dicembre 2010

Una domenica con Dominick

Il senso di tenerezza non impedisce di essere uomini, nel senso virile del termine. Il senso di tenerezza potresti anche non averlo, e qualcuno può instillartelo, o può farti scoprire che ce l'avevi già, ma era latente, non riusciva a palesarsi. Questo è il motivo per il quale sarò sempre grato, nella mia vita, alla Mia Piccola Sciù, che spesso, col suo incedere, ricordava a se stessa e al mondo intero (e anche a me, che ho la fortuna di essere un buon osservatore), che la fortuna che le è capitata di essere sana, amata e compresa, dovrebbe appartenere a tutti. E ogni qual volta si accorgeva che la cosa non è per tutti sempre possibile, si lasciava andare ad uno sfogo di rabbia, accompagnato dalla lacrime di chi non può esprimersi altrimenti. Quello che è accaduto in quei sei anni è chiuso in uno scrigno del mio cuore, e mi capita spesso di attingere da esso i tesori sotto forma di esperienza da mettere in pratica.
In ostello ho conosciuto Dominick; è stato traumatico. Cercavo cinque minuti di collegamento internet senza necessariamente andare in camera a prendere il mio laptop, e visto che c'era il computer della common room acceso, ho pensato che fosse normale approfittarne. Mi siedo, e dopo pochi secondi sto ragazzone mi intima di alzarmi, chè lui stava pagando per usare qual computer... Ok, mi alzo subito, ma non fare così. E' inutile dire che naturalmente con Valentina, la ragazza italiana che lavora qui al Backpackers, non abbiamo perso tempo a prendere di mira sto tipo un po' strano.
Ma ecco che col tempo ho cominciato a conoscere Dominick...e le cose evolvono, cari amici, e cambiano, e fanno crescere, anche alla mia veneranda età.
Dominick viene da Philadelfia, Stati Uniti. Dominick ha ventinove anni ("tueninain man" mi disse un giorno, quando io tentando di indovinare gli dissi che per me era un ventitreenne); lo sguardo perso nel vuoto, non sapresti dire se stia pensando al nulla assoluto o ai mali che affliggono il pianeta. Giaccone lungo di pelle nera che fa pendant con le adidas totalmente monocolore, jeans larghissimi tipici della east coast, camicione oversize; sguardo iperpulito, da americano, occhi azzurri, capelli corti, castani. Quando non conosci la sua storia, ogni suo movimento sembra innocuo, privo di senso. Apre e chiude la sua agenda, e tu pensi che non contenga nulla di importante se non per lo stesso Dominck. Fa un controllo accurato della sua casella di posta elettronica, tenta di parlare con qualcuno al telefono che magari non gli risponde, e ancora tu stai lì a pensare che in fondo si tratta di un coglionazzo. Mannaggia alla subcultura tipica di noi provinciali del suditalia.
Poi, qualche giorno fa un gruppo di ragazze giovani e belle e francesi e sorridenti e apparentemente disponibili (ma questo si vedrà in futuro) mi invita per un piccolo party a casa di una di esse. Per andare bisogna prendere l'autobus, andare un po' fuori dai luoghi quotidiani, non si sa che ora si farà; però io voglio andare. Chiedo alla padrona di casa se posso portare un amico, chè mi secca non poco rientrare tardi da solo, e penso di portare con me Stuart, l'australiano figagnone. Tanto, penso, non c'è pericolo che se le prenda tutte lui, le francesi sono talmente tante che possiamo fare una bella lottizzazione italo-australiana. Torno a casa, e incontro Dominck, al quale chiedo subito dove sia Stuart. "Ha lasciato l'ostello stamattina, man" mi risponde. Allora prendo la palla al balzo così, istintivamente, e gli chiedo se vuole venire con me a sto party, "ci sono tante ragazze", cerco di allettarlo. Lui in un primo momento fa spallucce, mi dice cha ha dare fare, che l'indomani deve alzarsi presto, insomma cerca scusa per non venire. Io penso che gliel'ho detto e cho fatto il mio dovere di brava persona, ora sta a lui. Così mi metto a dormire un po'. Dopo quindici minuti Dominick mi sveglia e mi chiede a che ora è l'appuntamento con le ragazze. "Allora l'antifona ti è piaciuta" penso io, beffardo. Alle nove e quindici di un venerdi sera freddo e brummie, io e il taciturno Dominck camminiamo per le strade di Birmingham, direzione le palle del Toro di New Street. Lui timidamente comincia a dirmi che è stato in Italia, a Venezia, a Florence, a Roma, dove ha visto la "Sistina Chapel". Poi, arrivati sul luogo convenuto, in attesa di Sarah che ha appena mandato un sms con su scritto che ritarderà un poco (le ragazze sono uguali da tutte le parti del mondo, quando si tratta di appuntamenti e di puntualità) ecco che i discorsi tra me e il ragazzo di Philadelfia scivolano inesorabilmente sul personale. E allora Dominick prende forma in me; e la sua natura bidimensionale lascia spazio ad un uomo, alla sua storia, alle sue sofferenze. Scopro che è stato sposato, con una ragazza orientale, della quale è ancora palesemente innamorato, ne porta una foto con sè. Ma il mondo di Dominick mi si apre del tutto, quando, alla domanda "hai figli?", lui abbassa lo sguardo, e la sua espressione orribilmente monocorde, rivela la più grande tristezza che un essere umano possa provare. Mi dice che sì, c'ha un figlio che compirà sei anni tra due mesi, perchè solo un padre ha l'accortezza di essere così doviziosamente preciso... Poi i suoi occhi si abbassano ancora di più, quasi piange e mi dice:" I MISS HIM". Che pianga pure, penso, se devo essere spettatore di tale straziante spettacolo, vuol dire che Qualcuno o Qaulcosa mi ci ha messo di fronte. E allora ho pensato che il senso di tenerezza non mi ha abbandonato, ho pensato che se ci fosse stata Sciù avrebbe fatto fatica a non abbracciare sto ragazzone che ci ricorda che nulla è per caso, che se adotti un'espressione un motivo ci sarà, se sei apparentemente assente, forse, è perchè non vedi tuo figlio, colui che ti ha "cambiato la vita", da tre mesi; che se te ne stai per conto tuo dentro una casa piena di ragazze pronte a nuove esperienze la cagione c'è, e non vi è alcun bisogno di farlo sapere a tutti; le intime tribolazioni, a volte, sono talmente visibili che non ce ne accorgiamo neanche. E allora dobbiamo approfittare dell'insegnamento di Sciù, se abbiamo avuto la fortuna di passare con Lei sei anni strepitosi.
Oggi è domenica, e Dominick, non sapendo che scrivo di lui, mi viene a cercare, mi chiede se oggi pomeriggio lavoro. E adesso so che ha bisogno di non restare da solo, di non pensare che gli manca suo figlio. Lavoro, cazzo! E lo porterei con me, giusto per provare a tramutare in sonore risate quegli sporadici, tristi, quasi imperscrutabili, rari sorrisi.

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