giovedì 31 marzo 2011

Il Pane con lo Zucchero

Ehi Giovannina, questo è per te.
Questo è solo per te; perchè non ti vedo da tanto, e sai una cosa? Mi manchi. E' come se 'sta distanza mi avesse fatto venire voglia di vederti ogni giorno, capito Giovannina? Volevo dirti anche che semmai dovesse venirti in mente di lasciarmi, visto che, nonostante tu sia ancora arzilla e "la testa ti ragiona", sei nata un anno prima che Giovanni Verga morisse, devi fare una cosa, una cosa sola, e la devi fare per me. Devi tornare lì, dove eravamo una cellula, dove eravamo un mondo, dove eravamo tutto. Devi tornare al tempo della felicità, a quando Ylenia non parlava ancora, pigra; devi tornare alla sottotovaglia in plastica su cui passavi la pezza di daino bagnata; devi tornare alla carta rosa oleata, chè se Carmelo tornava senza di quella con dentro le pizzette non lo facevamo entrare. Devi tornare ai dischi di Daniele, ai miei campionati di calcio solitari con le carte, Sette di Denari era il più forte, ma anche Quattro di Spade non scherzava. Giovannina, io lo so che tu faresti tutto per me, quindi, quando lo deciderai, torna lì, alle solenni incazzature di Davide, a quando ti affacciavi dal balcone e mi chiamavi:" Fabio, c'è Pinocchio!!!". Non avevo ancora bene capito quanto fosse importante la forza della parola, e dicevo semplicemente "ma noooo", e dentro ci stava che volevo stare ancora con gli amichetti del cortile. Non avevo ancora bene capito che Pinocchio era il tuo chiavistello per stare con me. Dai Giovannina, lo so che lo vuoi anche tu, se e quando deciderai di andare, torna lì, ai tempi del famoso "e che è? la carnuccia oggi non me la date?"; perchè puoi ancora cadere e romperti un altro braccio, o spaccarti la testa (maledetti acciacchi), ma queste cose non le dimenticheremo mai. Perchè quando mi dici con tutta la signorile forza di cui disponi che tu sei la mia "seconda mamma", io ci credo, esattamente come ci credi tu. Quindi torna lì, al fischio inconfondibile di Carmelo, che ti chiamava "Moglie"; torna alla sua spugnetta verde, che usava per lavarsi le mani di ritorno dal lavoro. Torna al salotto buono, quello in cui quasi mai nessuno è entrato, e che vuoi che importi adesso? Giovannina, io lo so che tu sei capace di farlo, quindi, per favore, torna lì, al sonno pomeridiano nello stanzino, a Enzo che si incazzava, la domenica pomeriggio, mentre dormiva, se io e Daniele alzavamo a manetta il volume della radio per ascoltare Tutto il Calcio Minuto per Minuto. Torna alla tua malcelata fierezza per i piatti buoni, torna ai cappelli di Carmelo... Torna a quando mi osservavi, e io mi infastidivo, e tu mi chiedevi scusa. Mi anteponevi a tutto, Giovannina, e forse anche per questo mi manchi. So che lo farai, dovesse costarti il prezzo più alto, e anche perchè non c'è di meglio per te, Giovannina. Tu che hai visto la Guerra e la Rinascita, e le hai raccontate senza il piglio degli storici, ma con la semplicità di chi stava nel mezzo del mezzo. Quindi, se e quando deciderai, torna lì, all'odore di mandorle, alle visite dei parenti con i quali tu avevi la tua educata confidenza, mentre io mi nascondevo dietro di te, la mia "seconda mamma". Come qualcosa che riesce ad essere di più che semplicemente "familiare"; come qualcosa che appartiene al mio corpo, alla mia mente, alla mia educazione. A proposito, grazie. Giovannina so che lo farai, ma mi fa piacere chiedertelo, torna lì. Torna alle tue spettegolate con mamma, magari torna al filo semovibile per stendere la biancheria, alla 126 rossa di Carmelo; torna al Natale e alle frittelle di baccalà. Enzo ne mangiava quintali!!! Guarda che ti sto facendo un favore, dovresti ringraziarmi, visto e considerato che io lo ricordo bene quanto eri felice; e quanto ero felice. Tornaci, Giovannina, torna alla cioccolata densa, al pane con lo zucchero, che era più buono del tegolino; torna al tuo fortissimo profumo prima di uscire, a quando mi facesti la sciarpa del Catania quando andammo in Serie A; torna a quando giocavi a carte con Carmelo, alle pistole e ai fucili nel giorno dei Morti. Qualcuno, vedendo ciò che scrivo, potrebbe capire male; ma io so che qualcun altro ti leggerà tutto questo, e allora, anche se parzialmente, tu comprenderai... Quindi, Nonna, vedi di fare come ti dice il tuo "Vecchiu": torna lì, in quel tempo e in quei luoghi in cui io, te e gli altri siamo stati felici...per merito tuo.

martedì 22 marzo 2011

Sei Mesi

Sei mesi, un tiro di schioppo e un'eternità. Scappavo, scappavo via da quella là, un tank che fortunatamente ha sparato a salve. Ma che cazzo di paura! Sei mesi, sei mesi very english, poco british, molto melting pot. Tra odore di cipolle, incontri occasionali, terribili sensazioni che si tramutano in esperienze da tenere sotto il cuscino. Sei mesi, mezzo anno, ogni persona incontrata un secolo di vita in più. Sono davvero così provinciale? E se è così, non è forse meglio per me? Centottanta giorni, forse più, centottanta days, jours, dias; coi ricordi che si attaccano alle nuove situazioni, poi si slacciano, ostili; colpo di reni, un punto di contatto deve pur esserci. Sei mesi! il mio inglese che migliora, e più migliora e più mi sento un cesso, come se non avessi imparato nulla. Due trimestri, a fare finta di essere ancora uno studente al college, a parodiare, a fare la pantomima; tre bimestri, tra Canada, Francia, United States of America. Ogni giorno si deposita sul letto e pensa di aver fatto un ottimo lavoro; poi ne nasce un altro. Tutto normale, per carità, niente di eccezionale...ma chi voglio predere in giro? Tutto qui è roboante, come una coperta lanciata da un angolo all'altro della stanza, come lo psichedelico cambio cromatico dei muri dell'ostello; come il passaggio da un paio di occhi neri con sotto una fossetta ad un paio di occhi azzurri con sotto un neo. Chissà che lunghezza avrà, alla fine, questo segmento di sei mesi; che speranza che ho, che tutto diventi piccolo e si perda nel tempo del tempo... sei mesi, forse meno, da quando dissi:"questa è casa mia". Sei mesi di geometrie interpersonali, di grandi scoperte, di occasioni di mettere in pratica ciò che è stato appreso prima. Prima di questi sei mesi, quando incameravo, quando mettevo fieno in cascina. E poco prima di questi sei mesi, quando, morendo, caricavo le batterie. Sei mesi scritti, letti, guardati, ammirati, e vissuti. Sei mesi ascoltati, liberati e liberatori. Sei mesi che mi implorano di catapultarmi verso gli altri sei, chè loro non sono invidiosi, no. Di crescita, che ci crediate o no, sono stati questi primi sei mesi nella terra di albione; scoprendo le diversità della gente, scoprendo che la gente è uguale da tutte le parti.

venerdì 11 marzo 2011

Le Maiuscole Differenze

A Sciù

E adesso da dove comincio? Non basterebbe un quadernone a righe, non basterebbe un giga di memoria, non basterebbe la vita centenaria. Perchè tutte le altre situazioni sono splendide, emozionanti, scostanti, arbitrarie, meravigliose, normali, ma sono terrene. Tu sei fondamenta, Tu sei il libretto delle istruzioni, Tu sei le radici del mio nuovo essere. Universo. Il mio nuovo essere nato con Te, che esistevi già, il 12 marzo di tanti secoli fa. E ogni giorno ho la riprova che esisti in me. Le luci sono intermittenti, si accendono e si spengono; la Tua è un Sole Perenne. Quarantacinque chili di forza estrema, un monospalla, una domanda stupida. “ti presento il mio piccolo mondo semplice di cose semplici, ne trarrai beneficio”- dicesti così, anche se non lo dicesti. Io lo sapevo; sapevo perfettamente che mi sarei tuffato in un oceano di cose sane. Come le crepes alla nutella, come la pasta al forno della nonna o le cotolette alla besciamella di Tua madre, come i compiti di Chiara, il Tuo letto nel pomeriggio, i Tuoi piedi sulle mie scarpe, love actually; le dita da shopping, “e metti la camicia stasera”. Ma veramente dobbiamo fare la contabilità di tutto ciò che abbiamo fatto? Ci facevamo compagnia in qualunque circostanza, perchè eravamo coppia, per noi e per gli altri. Insieme abbiamo comprato tre macchine, una quantità industriale di abiti, le macine per la colazione, troppo pochi viaggi, e una quasi casa. Eh già, la contabilità non è mai stato il nostro forte, e comunque non renderebbe mai ciò che realmente Tu ed io abbiamo rappresentato per noi stessi e anche per molta altra gente. Perchè non c'è prezzo per la mia mano che si posa sul Tuo naso, e Tu me lo lasci fare. Perchè la simbiosi non la si ricerca con la forza, essa arriva con incredibile impeto e neanche te ne accorgi. Si trova un posticino in mezzo a noi, mentre sulla stessa sdraio guardiamo il mare, mentre in pizzeria mangiamo e parliamo e ridiamo, mentre mi presento a qualcuno e Tu mi riprendi per la faccia che faccio... A Minorca mi nascosi dietro una porta, ma mi beccarono subito, che perfetta allegoria! Sciù, quattro lettere di una poesia popolare, quattro mondi che formano una galassia che con tanta lena ho attraversato. E mi sono fermato all'ultimo chilometro, che coglione. Ma torniamo lì, a quando ci facemmo prendere dall'anelito. “Siamo morti”. Sì lo so, adesso stai sorridendo, e quella fossetta miracolosa si sta aprendo come una voragine dalla quale esce una quantità infinita di colori. Mi hai fatto paura, Piccola Mia; ed è per questo che oggi posso solo approfittare dei Tuoi insegnamenti. E dovresti vedermi, vedere con quanta applicazione lo faccio. Ma c'è ancora tanto da fare, anche se so che, nonostante la Tua assenza, nonostante la mia assenza, sei sempre qui con me. Telepatia! La pasta col tonno, i Tuoi perdonabilissimi “mi secco”, le chiavi della casa del mare. La granita lì, dove ho avuto la infelicissima idea di rendermi blasfemo. Colpa mia, colpa mia, e della mia inaudita mancanza di palle. E poi, a te, che di palle ne hai sempre avute in quantità esagerata... Torniamo lì, all'anelito, alla bambina che eri; una bambina pronta ad impartirmi la lezione:”seduto, adesso ti spiego la vita del mondo semplice delle cose semplici”. Pendevo dalle Tue labbra piccole, mai truccate. Perchè quando Ti truccavi sembravi ancora più bimba. “Sono già a letto”, e i miei sogni prendevano forma. E li rendevo incubi, perchè pensavo di averla capita la lezione, e invece conoscevo solo e soltanto la teoria. Piccola Sciù, nel nostro giorno mi verrebbe da sgridarTi (quante volte l'ho fatto), e chiederTi: come abbiamo potuto? Come abbiamo fatto, Tu, con i Tuoi detti non detti, ed io, con i miei fatti non fatti? L'8 giugno, il giorno più bello, se riusciamo ad estrapolarne uno tra gli innumerevoli, fu anche quello più agrodolce, con la consapevolezza che non ci saremmo visti per troppo tempo. Anche se in seguito, Piccola Mia, abbiamo attraversato l'alta marea, ci siamo messi su uno spaccaghiaccio e abbiamo rotto... ma poi, ci siamo arenati, stoppati da una maledetta immobilità che bloccava me e inaridiva Te. E le mie colpe, laddove riesco sempre a primeggiare in questa speciale competizione, si sono rivelate imperdonabili: prendere per degli animali feroci dei semplici moscerini. Non rinnego quello che ho fatto, se l'ho fatto per me. Continui a pensarmi come a qualcosa di speciale, in fondo al Tuo cuore, se l'ho fatto per me. Perchè la Tua natura si eleva, e non c'è alcun paragone in ciò. Il fatto è che adesso sto girando il mondo, so di tanta gente, di tanti uomini e di tante donne, e niente si avvicina minimamente a Te. Ma torniamo lì, solo per un istante, a quell'anelito, ai venti euro sottobanco per non mortificarmi, alla più bella passeggiata a cavallo della mia vita, ai cinema sotto casa. Il sapore dell'arrivo a Giardini, le chiacchierate nonsense con Cristiano il Matto; i Tuoi amici che si sposavano e tracciavano la nostra via...e io che facevo finta di niente. Al Tuo piccolo mondo semplice di cose semplici, talmente piccolo e di cose semplici che non sono riuscito a raggiungerlo, non sono riuscito a trarne beneficio. Adesso che siamo lontani, adesso che abbiamo abbandonato anche i bicchieri d'acqua naturale per darci all'alcool, adesso che abbiamo cambiato capigliatura, abbiamo la riprova del fatto che quel filo esisterà sempre, l'unione non ha bisogno di frequentazione. E' così per noi, e per gli altri forse, ma abbiamo capito anche che non per forza ci dobbiamo preoccupare per le vite altrui. E che sei reale (e regale), anche negli anfratti più nascosti di una città che niente ha a che fare con le nostre spiagge, con le nostre strade, con il nostro posto preferito. E come quel miracolo che accadde secoli fa, quando avevi un monospalla in più e tanti ricci da tenere a bada, ti raccomando alla vita, sperando che per Te ci sia un miglior domani, “quando (…) ci accorgeremo che non ritorna mai più niente, ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria”. Visto? Niente poesia, niente costruzioni artefatte in ciò che scrivo. Quelle le riservo per le altre situazioni, che sono splendide, emozionanti, scostanti, arbitrarie, meravigliose, normali... ma Piccola Mia, come facciamo Tu ed io a spiegare agli altri che sono terrene, e non hanno niente a che fare con la incredibile avventura senza precedenti e senza futuro che è nata il 12 marzo di tanti secoli fa?

giovedì 3 marzo 2011

L'Esercito Amico (?)

Non si può sempre avere una risposta per ogni domanda, anche ad una veneranda età come la mia.
Chi sei? Perchè mi hai fatto questo incantesimo? Come ci sei riuscita? Con quali armi? Quale ricetta hai adoperato? 21 anni, Margot. Amorevolmente trasandata, come solo le ragazze francesi sanno fare; sguardo perso nel suo vuoto, un paio di parole di inglese. Mistero, malizia... Ma che diavolo di malizia è, se non si è capaci di stabilirne l'entità, la genesi, la natura? Eppure è un'attrazione senza confini. Margot, come un esercito disposto sul campo di battaglia. Ok, noi siamo qui, ma non saprete mai se siamo qui per combattere con voi, o contro di voi. Così la si osserva e basta, senza andare oltre. Margot, 21 anni, " Ai sink dat", che inglese pessimo. Il suo laptop, i suoi sguardi sinceri e scrutatori, oppure nel suo vuoto; cosa vuoi dalla vita? Ti accompagno io a cercare lavoro, di sabato. Siamo in tre, tu, io e la mia voglia di baciarti. Ma tranquilla, e non te lo dico, lei starà al suo posto. E' sempre tempo per gettare il cuore oltre l'ostacolo, ma poi arriva l'esercito, quello che non sai se sta con te o contro di te. E non lo saprai mai. Imperscrutabile Margot, 21 anni di età, 6000 anni di storia dell'Umanità. E' evidente, vuole che la baci; no, non lo è, se lo faccio mi arriva un ceffone. E allora, senza dare nell'occhio, la si osserva, con garbo. La sua bocca che si chiude ad "o" quando ha da dire qualcosa, chè il francese è la sua madrelingua. E le sue labbra che ti raccontano che ha da poco passato l'età dell'innocenza. Non più teen-ager, Margot, non ancora donna. Forte, e debolissima; ti racconta di essere venuta qui per imparare l'inglese, ma le mancano i suoi amici, il suo boyfriend, la sua casa. Ti dice che vuole tornare in France, e nel frattempo cerca lavoro qui nella Brummia Accogliente. Quindi Margot, 21 anni, è indecisa, non sa che fare della propria vita? No, nient'affatto! Lo sa, lo vedi dai suoi occhi, dai suoi sguardi persi nel suo vuoto (suo). Sembra che ci giochi con te, che si diverta. Quando vai a fumare una sigaretta in the garden, e lei puntualmente ti raggiunge, e ti dice che ha preso a comprare le stesse cicche che fumi tu, pensi che sia "fatta". E' il momento di farlo, adesso ti avvicini e la baci, dai Fabio. No! Non lo è, e probabilmente non lo sarà mai. C'è un sottilissimo, immutabile, irrestibile, immarcescibile muro tra me e questo essere vivente. E la mia voglia di baciarla, in quei momenti, sembra San Pietro che rinnega di conoscerti. Ma come hai fatto? Come sei riuscita a mettermi di fronte ai miei rossori? Ti guardo, mi guardi. Ma la mia occhiata sa di paure, sa di quindici anni, sa di "forse è meglio continuare a palleggiare col pallone che c'è in giardino"; la tua occhiata è piena di voglie, "dai vieni qui, italian guy", ma poi, come in un film di David Lynch, si trasforma, e mi intima di non fare passi avventati. E' tutto nella mia testa. Come se avessi deciso di immolarmi di fronte a tutto ciò, come se avessi deciso di dare a Margot, 21 anni, il rispetto che merita il Regno delle Donne. In alto i calici, vi siete riappropriate di me, della mia consolazione. Margot, 21 anni, la sua erre dolcemente dura... E' lei stessa un ossimoro gigante. Margot, de Grenoble, l'esercito, con gli occhi grandi, bleu, con la pinta di birra a portata di mano, con i capelli raccolti, con lo sguardo indirizzato verso il suo nulla. Ci provo o non ci provo? Non è più quello il verbo, Fabio. E comunque, è stato già stabilito; non ci sarà mai per te l'occasione, perchè non lo vuoi tu. Siamo sempre in tre, tu, io e la mia voglia di baciarti; ma non fare caso ad essa, se ne starà buona buona lì, e nessuno la noterà.
Seduto sul sofà, immaginando Grenoble, immaginando un paio di labbra, immaginando Margot, 21 anni; seduto sul sofà, immaginando di combattere una battaglia insieme ad un esercito amico. Seduto sul sofà, con la consapevolezza grandiosa che è stupendo, ogni tanto, accorgersi che non a tutte le domande si può dare una risposta. Anche alla mia veneranda età.