mercoledì 27 febbraio 2013

Passo Passo

Figurati se ci credevo. All'esame da persona matura, ennesimo esame, mi sono fatto prendere dalla ludica tentazione di lasciarmi prendere da bassi profili. Ancora una chance, e il mio ego... non più di sei chili. Che settimana stellare è stata. Il fatto è che le stelle stanno lì, stanno sopra; io le guardo, le ammiriamo tutti per carità, ma non posso ancora toccarle; non che ci sia tutto sto cielo che le copra. Si va di messaggi, di foto, di tiri all'incrocio dei pali; ci si diverte punzecchiando di qua e di là, forti sì, forti di un'avanzata età; ma ancora Fabio non si decide a mettere le ali. E poi si cammina per le strade mattonellate della brummia; tra le voci bianche di fine ottocento, con la birra a portata di mano, parlando di medici che fanno un gioco sporco, di piatti tipici, di mariti assenti. E dai, giovanotto, la vita è lunga ma può sembrare un sol momento. E poi calunniatori di sé stessi, partite di rugby osservate da tifosi improvvisati, parties vuoti come il barattolo di nutella che apri, raschi avidamente, ma ti lascia l'amaro in bocca. Ma veramente vuoi dare contezza a questa manica di fessi? Poi arriva Zoltan e porta in grembo il Salvatore. Schiena dritta, Mister Fabio! Dici una parola e tutti ridono, tiri dal Ventolin l'inalatore, metti un uomo davanti alla porta. La tua vita, oh piccolo poeta, ancora cadenzata da un contratto a ore. Sempre più cretini in mezzo alla via, ma non è una novità; sarebbe bello invece ritrovare la pura adolescenza di qualche mese fa, e ritrovarne la natura concreta. Un bacio e una cartolina, e tanti saluti alla zia. Un basco, mi ci vorrebbe un basco da indossare, o mi ci vorrebbe il coraggio di cancellare tutto ciò che ho scritto finora. E adesso alla trappola della rima in che modo casco? Chi devo per forza ammaliare? E devo farlo ora? A proposito, Andrea mi ha quasi convinto, sarà autobiografico e parlerà di un bel po' di voi. Posso sorridere chiedendovi di non mettere il carro davanti ai buoi? Cerchiamo di rimanere sul pezzo. Sento i grilli timidamente avvicinarsi alla preda, ma 'sta cosa la osservo passivo; tanto da qui sono immune ad ogni cosa che mi leda. Sento la comunità crescere piccola e decorosa, ma ogni tanto le unghie vanno almeno limate. Sento dire da più parti parole impensabili, commenti innaturali, complimenti impossibili e di scudi levate. E l'operazione è tanto d'uopo quanto disgustosa. Me li prendo tutti. Sento l'odore di vaniglia dell'autostrada negli anni ottanta; la canna di bambù, lo sterco di vacca. Commercio con me stesso un sacco di paglia, la spaccio per manna, in realtà forse è solo cacca. Vedo la mia barra download al novanta percento... meglio di niente, no? Forza ragazzi, non ci capirete niente, ma è soltanto un momento. E poi aspetto, aspetto che le montagne russe tornino ad essere di prima scelta; niente più schermi, niente più giochi di pensiero, niente più involuzioni. Poi arrivano le minigonne, le nottate in solitaria, e i soliti coglioni.

martedì 19 febbraio 2013

Un Folle

Il mio non è proprio talento
è più aria tersa,
mancanza di spavento
che sia una guerra persa
il mio non è proprio coraggio
mentre gli altri anelano e sbuffano
vai con l'allunaggio
e i colletti bianchi truffano
la mia non è cattiva creanza
è gioco e stilettate
scambiate per urgente arroganza
oh, amiche mie fatate
il mio non è grasso che cola
è un giocattolo archibugio
una mascherata che da sola
toglie per sempre qualsivoglia indugio
le mie non son mica anarchie
sono più difetti sociali
stupende stanno le anime pie
di fronte a cotanti madrigali
la mia è tutt'altro che speme
ma si rinnova di storte e di destre
che vorrei tanto spargere il mio seme
sentendo spiriti, uno sguardo alle finestre
il mio non è astio oppure odio
ci vuole pazienza e ce ne vuole sì
perché mai ci finirai sul mio speciale podio
e la decisione l'ho presa un po' così
il mio non è uno stare statico
poiché appartengo a tutti i posti
e lo dico con o senza rammarico
io non devo piacere a tutti i costi

martedì 12 febbraio 2013

La Semplice Regola

Tre, come le strisce della Adidas
come le marmellate da scegliere la mattina
come le volte del mezzodì
come le volte in cui ci si stira e poi ci si china;
come i siti da controllare
ogni volta che accendo il pc.
Come i tempi prima di saltare
durante un pezzo dei Blur,
come i movimenti da fare
prima di alzarle il vestito
e vedere cosa c'è dentro.
Tre,
come le amiche sedute accanto a me
che fanno il turno per lanciarmi le occhiate
prendersi a manate
che si scrutano
dentro un sentimento
che potrebbe finire da un momento all'altro...
Ma anche no.
cominciamo daccapo.
Tre,
Perché meno di tre non do
in questo mondo universale
dal quale mi astraggo volentieri
per portarti a ballare
per portarti a prendere un tea.
“Due zollette grazie”.
Tre settimane
tre grilli, tre mode da seguire
tre giganti da cui scappare.
Tre mete da conquistare.

venerdì 1 febbraio 2013

Inebrianti Aspettative

E adesso voglio scrivere. Voglio scrivere di quelle aspettative che fanno pensare alle periferie della vita; di “Addio alle armi”, di quel pezzo che ti torna in testa, te lo canti, finalmente, passo passo, te lo traduci. Voglio scrivere ancora di palazzi luminosi, di manga, di chiese sconosciute, di occhi che luccicano. Di un paio di esperti tanga. Di candele, di visi che con tenacia si tengono aggrappati ad una fanciullezza che non torna più. Che resterà per sempre lì. Che non se ne andrà mai. Voglio scrivere di peccati, di quei peccati così artefatti che quando li compi senti di far parte di una recita col fiocco rosso sopra. Nessun velo mi copra. Voglio scrivere perché l'autocompiacimento è sale, frutta e accordi. Scrivo adesso perché più tardi potrebbe essere diverso; tutto potrebbe precipitare da là. E io, e voi, e tutti....insomma la vita ha bisogno di 'sti gingilli dolci prima, poi chissà. Voglio scrivere di tennis, servo e scendo a rete. Di viaggi, di itinerari, niente mappe, niente mete. Eh già, voglio scrivere di coraggio, di esistenze ripartite in millesimi; voglio raccontare di facezie e tenerezze che scappano via dalla mia testa e poi, amici intimi, e poi festa. Voglio solcare l'intercapedine che c'è tra le lugubri incombenze e i sogni proibiti. Voglio mangiare i torsoli, le lische, sperando nei canditi. Tagliare di netto l'azzoppante cordone; voglio varcare la soglia dell'infinito, voglio partecipare alla sorda collettiva masturbazione, che ci isola gli uni dagli altri, e ci tiene dentro il calderone. E la voglio raccontare, con le mie parole, con i miei guizzi, con i miei scatti, con i miei soldatini di piombo. Ci voglio dentro il tuono, lo scrosciare assordante, il rombo. Voglio scrivere adesso, e poi voglio farlo domani, e ancora e ancora. Come un aereo che decolla (a proposito, ne leggerete mai le gesta?), voglio innalzarmi terminatore, malandrino, santo, tumido, altezzoso. Voglio guardare fiero dritto nel tuo sguardo, e voglio che sia incantato, maldestro ed ombroso. La mia parola contro quella del mondo. La mia parola con tutte le altre. Voglio scrivere adesso, di come sarebbe gentile, da parte della vita, che ancora una volta le brame si frapponessero docili a ciò che sto per fare. Voglio scrivere perché c'è ancora tempo, perché al tempo non si può rimediare; e allora voglio sviscerarle ad una ad una queste quattro omissioni tenute dentro, tenute care, attaccate alla bacheca, con le puntine da disegno. Voglio, te lo giuro, soltanto ridere con te, e magari un bacio in pegno. Colazione tra amici, un'occhiata furtiva al terminal arrivi, un boccone veloce, un suggerimento volutamente sbagliato. Una punta di sarcasmo, la scollatura a vù, una goccia di Dior. Voi andate via, io resto. Resto perché voglio continuare a scrivere, a darci dentro col martello. “Do you love me like I used before?”