sabato 28 aprile 2012

La Costante

La Luna sta sui tetti, le mani si muovono a piacimento, la finestra sta sempre lì, di fronte. Il backpackers, durante il week-end, continua ad essere teatro di andirivieni di tutti i tipi, di tutte le fattezze. Si aspetta un'ora, o forse due, per giocare una partita senza senso con le palle rosse e le palle gialle. Intanto si fa opera di digitazione telematica usando in tutti i modi possibili i telefoni di ultima generazione. Ma la testa non si muove da quel tema ricorrente. Perchè Lei ha fatto questo, perchè Lei ha fatto quello. Tutto il resto è contorno. Ma non funziona così. O meglio, il resto sì che deve essere contorno, ma attorno a me, o attorno a te. Non a Lei. È solo una convenzione se si è guadagnata la lettera maiuscola. Da altre parti mi staranno già perdonando. La Luna sta sui tetti, forse, visto che le nuvole hanno trovato casa sui nostri cieli e sembra proprio che non vogliano sloggiare, la finestra sta sempre lì, nessuno la sposta; magari qualche egizio impertinente accosta le tende giusto un paio d'ore, ma quanto è vitale il mistero che si cela da quelle parti! Io mi perdo dentro il pensiero che certi sguardi non mi attraggono più, e intanto restiamo ancorati al sogno di un paio di braccia conserte, di un paio di occhiali, di un pomeriggio in cui la desolazione è tenuta fuori. Un pomeriggio in cui i canali non richiamano altri pensieri. C'è Lei, c'è tutto! “Sei felice?”. E poi vorremmo spaccare tutto, vorremmo spiegare, con l'ausilio delle slides di Power Point com'è che funziona la vita. La Luna è sui tetti, l'ascensore parla, il Sole sorgerà domani, e almeno lui non ha mai dimostrato di avere fretta; io mi ritrovo a scrivere di un minimo comune denominatore che incalza e ci parla delle nostre vite di adesso. Palla otto in buca ad angolo. Siamo forti, e sorseggiamo una birra. Non c'è noia, non c'è rimorso, non c'è remora che nuota sulle nostre schiene allenate in palestra. C'è solo una Luna, visibile o celata, viva o dispettosa, che sta sui tetti, mentre le finestre anelate si illuminano o restano al buio. È come se fossimo seduti in una spiaggia, come se stessimo guardando una nave che si avvicina, o un'esplosione nel cielo; è come se fossimo due facce della stessa medaglia. Giallo contro rosso. “Hai idea di quanto voglia uccidere la tua voglia di rimanere appeso a questo filo insperato?”. Ma poi penso che non voglio ucciderla, questa voglia; poi penso che ti ci vorrei accompagnare io da Lei. La Luna è sempre sui tetti, la finestra sta sempre lì, e io ho scritto questo post senza rileggerlo mai. Tienti stretta questa Costante, se è Lei che ti tiene in vita.

venerdì 20 aprile 2012

Niente Additivi

Mi piacciono le feste rumorose, tutto qui. E magari arrivarci un po' in ritardo. Scrutare nei volti della gente convenuta il giubilo per il tuo avvento, la noia per ciò che è successo fino a quel momento, la preoccupazione. Mi piace andare alle feste, piene di “musica e di gente, giovane e animata”, il Candido Poeta entra sempre in gioco. Entrare subito in sintonia con le persone che stanno lì, a colpi d'anca, che per i primi momenti sono sporadici, quasi di riscaldamento, poi diventano sempre più parte della festa. Divento sempre più parte. I bicchieri sparsi per le terre, i tavoli di vetro che miracolosamente restano intatti, sebbene più di un ginocchio ha avuto l'ardire di sbatterci contro. C'è chi si produce in una conversazione a tre, chi guarda dalla finestra e pensa alla ragazza che lo ha lasciato, chi fa il simpatico; c'è chi è simpatico. Mi dilettano le feste rumorose, in cui nessuno tocca le tartine preparate con cura da un'amica della padrona di casa, in cui è sempre vuota la bottiglia del tuo drink preferito, e allora sei costretto a ripiegare su qualcosa di diverso. Mi garba fare parte di un piccolo nucleo terrestre, di una scatola chiusa che non si cura del tempo che c'è fuori, pioggia o vento, neve o sole, dall'altra parte del mondo. Chè il mondo, per adesso, è qui. Mi piacciono le feste, soprattutto quelle rumorose, quelle fatte nell'appartamento di qualcuno, che non ha l'ardire e l'intelligenza di pensare che quando tutto sarà finito dovrà fare operazione faticosa di rigeneratura, di pulitura. Quelle feste, o party come si dice in questi luoghi, durante i quali puoi scorgere qualunque tipo di attività umana. C'è chi si apparta nell'angolo più remoto della stanza, provando a dare un senso sessuale alla propria serata; c'è chi si da all'alcol, c'è chi ha delle cose da dire proprio a quella persona lì, e allora la festa è già finita, perchè la conversazione è lunga, ma d'uopo. C'è chi si imbatte su qualcuno già conosciuto, non si sa dove e quando, c'è chi crede che basti poco per conoscere una ragazza e portarla a letto, ma poi deve irrimediabilmente ricredersi sulle plastiche facilità della vita. C'è chi si ostina a pensare che che la gente, alle feste rumorose, ha una aerea natura, come fosse bidimensionale, e allora non crede affatto che ognuno dei convenuti, alle feste rumorose, ha una propria vita, un proprio passato, un vissuto. E allora ci si perde, perchè anche alle feste rumorose non bisogna mai perdere di vista il senso della vita. Perchè il senso della vita sta, in qualche misura, dentro le feste rumorose. I massive parties sono un'allegoria fantasiosa dell'esistenza in salsa tecno-pop, sono un piccolo scibile delle nature di ogni dove, in cui tutti provano a trasmettere qualcosa usando youtube e propinando agli altri i propri gusti musicali. Dinosaur Jr per me, o magri un pezzo grunge dei Bush, che secondo me sono stati sottovalutati, o magari soltanto offuscati dagli altri gruppi del panorama di Seattle. Questo vorrei dire alle feste rumorose del venerdì, o del sabato. Poi la musica scivola sorniona dalle parti dei pezzi in cui ci si può cimentare in balli poco convenzionali, molto dirty. Ma la festa continua ad essere rumorosa, ha voglia la padrona di casa, a fare “shhh” formando una croce con il dito indice e le labbra. Durante le feste rumorose puoi dire quello che vuoi alla ragazza con la quale stai ballando, lei è troppo brilla per rendersi conto dei tuoi errori-orrori grammaticali, lei è troppo andata per capire, così una risata alla fine della frase, lei ti viene dietro, e scoppia in una risata per una battuta che non ricorderà in eterno. Alle feste rumorose, quelle che mi piacciono tanto, c'è “musica e c'è gente, giovane e animata”, c'è birra, c'è vino, c'è chi ha messo i jean's, c'è Fabio con la t-shirt di Doolitle dei Pixies, c'è sempre una fotocamera in azione, c'è gusto, c'è teoria, c'è tanta pratica, c'è gente che vorrebbe aprire un ombrello. Mi piacciono le feste rumorose, e devi fare la fila per andare in bagno. Fumi l'ennesima sigaretta quasi baciandoti con la finestrella aperta e dalla quale entra un gelo quasi innaturale, ne offri una a qualcuno che le ha finite e non ha avuto l'accortezza di fare scorta. Passa un joint assassino, e io mi chiedo se ci sia bisogno di additivi, visto che la festa rumorosa basta a se stessa e a noi tutti. Mi piacciono le feste rumorose, anche perchè, scusate l'ardire, ci si può produrre in un bel peto puzzolente, e magari dare la colpa del tutto al vicino di baldorie. Tanto nessuno avrà il coraggio di lamentare un bel niente. E poi ci si incammina furtivi verso la fine, e allora ci si rende conto del troppo bevuto, del troppo fumato, del troppo gridato. Lo rifarei stasera stessa. Perchè mi piacciono le feste, soprattutto quelle rumorose.

venerdì 13 aprile 2012

Gli Errori Apparenti

Ah le verità... cambiano come i deodoranti, come il nuotare dei branchi di pesci in mare, come il vento sottile che si fa imponente. Oggi un fungo mi guarda con la testa reclinata, e ieri ho perso due ore di sonno; e l'ho fatto per una buona causa. Ti cerco e non ti trovo, e ciò che avevo sentenziato la sera prima, la notte prima, è andato a farsi benedire. Quando viene, lo decide, io sono d'accordo, e mi ritrovo a contare dei nei su una pelle liscia e glabra; su una pelle bianca quasi all'inverosimile. Quando si fa prendere dagli slanci, quando vuole venire con me nel mio paese, nelle mie terre, tra i miei agi, pochi. Quando vorrebbe insinuarsi tra i rumori delle feste, quando vorrebbe mettere la testa nei miei cappelli in ordine sparso nella mia camera piena di disordini. Quando beve una tazza di tea, quando mi chiede di andare a lavare la tazza. Quando mi implora di non smettere; quando crede che la si debba comprendere. Sindrome della Principessa. Quando mi dice che preferisce guardarmi giocare, quando invece prende la stecca e si concentra sulla palla da colpire. Colpito! Ancora, come sempre, a tempo. Tempo finito. Suona un piano, come se a suonare fosse la mia mamma... quando, sua mamma fa il compleanno. Qualcuno mi ha detto che non sono facile da comprendere, e forse ha ragione, ma basta saper leggere tra le righe. Le righe forse non ci sono, è vero, ma è una pura congettura. Il mio stomaco in disordine ubbidisce devoto, quando parla di Londra, ancora una volta, ancora lì, a mangiare cose strane. Quando mi dice che studia ancora un po', e le mie correnti alternate oggi sono piene di fiducia. Fiducia nei miei sensi, a corrente alternata, stormi di pesci che cambiano direzione senza avviso. Quando vuole stilare una lista di cose da fare; quando insiste sulle meraviglie rurali dei villaggi di lì. L'ultima parola non è stata messa a caso. Quando fa tutto per farsi odiare, e poi, con uno sguardo, over the top, eccola che si riprende tutto. So perfettamente che tutto questo sentire non durerà che un breve volgere di lancette, ma ho già deciso che devo prendere quello che c'è, che il futuro non esiste, che il destino sa e io no. Quando sa, e io no, allora in quel momento la mia scelta diventa rigida, chiusa e finita: soffrire e chiedersi perchè, oppure cavalcare e sentire d'olfatto. Quando scelgo, anche se a tempo, anche se finito. Il tempo è finito, come aggettivo qualificativo. Tanti margini, tantissimi margini per provare altro, per provare ancora nuovi gusti e nuovi odori, ma quando viene, be', il mio stupido bloccarmi si impadronisce di me. Quando, naturalmente, si impadronisce di me. Qualcuno mi salvi, quando è ancora qui!

venerdì 6 aprile 2012

Da Manuale

Mi chiedo intimamente, anche se so che non si fa, se il merito è mio. Merito in senso letterale, naturalmente. Ho già detto che non amo tanto le montagne russe, vero? Sacchi pieni di roba sportiva mi scrutano da vicinissimo, mentre i Dinosaur Jr fanno il loro dovere, spaccando tutto con la potenza delle loro chitarre: “ogni tanto vorrei uccidere te”. Nella solitudine della stanzetta che accompagna i miei sporadici sonni e le mie infinite giravolte oniriche ho tutto il tempo per farmi migliore. Un sorriso, una frase pensata, un Greenwich Mean Time, un barattolo di proteine, i Joy Division...Love will tear us apart. Mi tengo forte, fortissimo, mentre da più parti cercano di sballottarmi, di sbattermi contro i muri, di portarmi in mondi meravigliosi e melensi. Falsi, naturalmente. Ho già smesso di credere che si tratti di ingiustizie, non c'è bisogno che me lo si ricordi; alla fine ho trovato la giusta collocazione per le Nike che fanno rumore quando cammino. Ok, andiamo avanti; ci sarà sempre da qualche parte un minimo di ristoro, e io lo so, visto che di ristoro ce n'è tanto da queste parti. Nella vita è sempre questione di potenzialità espresse. Io le mie cerco di esprimerle, anche se ho perso un po' di tempo. Tant'è, ho dalla mia sempre una giovinezza infinita. Poveretto! Aspetto che arrivi qualcuno, un mio fratello a caso, una mia sorella sperduta tra i libri, un nuovo orizzonte. Intanto cresce la mia creatura, la guardo, la scruto, la immagino, la dimentico e mi ci sforzo appresso. “Potrei ma non voglio fidarmi di te...sono una nuvola...e non c'è niente che mi sposti o vento che mi sposterà”. Mi chiedo intimamente, anche se so che non si fa, quando finirà. Perchè odio le montagne russe, e i cinema 3d; odio le incongruenze, anche se amo la parola “incongruenze”. Adesso si può solo battere il tempo col piede destro, continuare con i giusti propositi, dare un'occhiata sporadica al conto in banca, spostare con gli occhi i primi giorni della settimana e anelare senza ritegno gli ultimi. Mi chiedo perchè, non si fa, lo so benissimo, ma, cazzo, lo sto facendo intimamente, se non ci sia qualcosa nell'aria europea, se non ci siano miscele maledette che cambiano umori, sapori, collocazioni geografiche addirittura. A proposito, come si traduce un proverbio? Meglio tornare lì, ai tempi in cui era tutto plastico e artificiale, ma almeno aveva parvenza di sogno. Ricordate? Nelle lande e negli altipiani, con un piccolo battito cardiaco, di quelli piacevoli, tra i cespugli odorosi, senza funi che ti tengono qui. Così puoi rimanerci di tua sponte. Sono solo un ragazzo, e non mi sembra che sia il più grave dei mali; la ricerca dovrà essere più accurata, ma caspita che soddisfazione quando finirà. Se finirà. Miracoli in casa ne sono già avvenuti tanti, e non si può calcare la mano. Adesso è solo olio di gomito, esercizi per i tricipiti, sciogliere i muscoli, farli respirare. Sono Fabio Pantuso, una tabula rasa piena di tutto, un piano inclinato che può portarti alla perdizione o alla salvezza suprema; devi essere tu, devi trovare la chiave. Forse è meglio prepararsi, stasera, bando alle ciance, si va all'ennesima festa a casa di Matilda. Tutto il resto è lavorio sterile. Mi chiedo intimamente, anche se so che non si fa, se vendono un manuale da consultare. Un manuale che potrete consultare per capire il sottoscritto. Benvenuti nelle montagne russe.