giovedì 27 gennaio 2011

Dedicato ad Italo

Che poi adesso che sono sdraiato sul letto le centomila lire chi se le ricorda più come se non bastasse adesso esco con questo freddo devo dire a qualcuno di trovarmi un altro lavoro chè io mi sento più sicuro con il mio inglese la spesa devo fare la spesa non voglio comprare i soliti tortelli devo mangiare l'insalata Armin me lo dice sempre che devo mangiare più insalata la mamma pure lei chissà che sta facendo adesso che c'è in tv miracolato a volte mi sento che devo uscire e non mi va tanto però un po' sì ma dai chi se ne frega devo enjoiare il mio free time ridondante me lo diceva quella là che il mio uso della punteggiatura è ridondante come fosse una brutta parola shit fucking i've to buy next month biglietto per la finale adesso che non si sa chi andrà magari lo trovo a buon prezzo qui si vive bene perchè non costa tanto certo ogni settimana comprare la rivista che vende quella ragazza di cui non posso dire il nome ma sono solo due sterline il gioco vale la candela se manca la luce qui come facciamo sicuramente ci sono le luci di emergenza straniato strano strano ma vero modo di dire dirtelo mi piacerebbe ma non posso buy in 5 pounds al victoria pub ma cazzo il mercoledi lavoro la gente perchè non si sta a casa come cazzo fanno a mangiare lasagne al forno alle cinque biscotti fox buoni buoni buonissimi soprattutto quelli con la crema al limone shit perchè non ci voglio tornare a casa quelle strade non mi fanno più paura meglio ritardare magari faccio un ingresso trionfale oppure nessuno si ricorderà di me adesso ho tanti amici nuovi mi piace sofà oppure sofa mcdonald o burger king o ancora meglio subway il panino intero va bene il mezzo non ti sazia son satollo devo trovare il modo di dirlo qualche volta satollo che bella parola satollo atollo bomba atomica come fa un grande della terra ad ordinare una cosa del genere generalizziamo non caro fabio i'm fabio al telefono no ma nice to meet you una tv col lettore così posso guardare i film da solo in santa pace qui guardano sempre gli stessi film Dominick ride di una risata fragorosa se vuole Amsterdam ci devo andare o meglio ritornare voglio imparare a portare la bici con una ruota nooooo meglio di no t'immagini mi arrestano che faccio chiamo mio padre o il consolato devo andarci per il passaporto qui lo fanno così vado in thailandia con Dominck che è fissato ho rivisto Noni su internet cazzo che flash a casa di Christian si può fumare due alla volta quando giochiamo a poker texano texano come Bush Bush padre e figlio W devo alzarmi biscotto alla crema al limone e sigaretta it's very cold Peter mi scuote che cazzo quando ero piccolo ci andavo all'oratorio e giocavamo a pallone tutto il tempo quanto ero forte e quanto correvo adesso non più i mei quadricipiti si stanno riformando e oggi sono belli duri ma t'immagini torno a casa e giochiamo a pallone e non ho più crisi respiratorie che poi crisi respiratorie manco fossi un malato di cuore è che non ho mai corso in vita mia genio e sregolatezza sregolare irregolare il bagno in comune è l'unica cosa very unconfortable here domani corso chissà con quali occhi mi guarderà Sarah la francese che è l'amica sua sto cazzo di programma per scaricare musica non vuole fuzionare che poi a me interessa scaricare anche qualche film ogni tanto hai visto 72 minuti ora devi aspettare 30 per continuare ho voglia di un cioccolattino minchia quanto mi piace ogni tanto un po' di solitudine....

martedì 18 gennaio 2011

The Big Issue

Prima Parte.
Angolo Union Street con Coronation, gente che va in giro, gente che corre, gente ligia che si ferma e fuma nei corners attrezzati con le colonnine posacenere. Union Street è pedonale. Ci incontri di tutto, perchè è una via di Birmingham, la città delle mille etnìe, dei mille colori di pelle, delle mille modalità di affrontare la vita. Poi ci sono io, la mia camminata, o la mia bicicletta. Ad intervallare il tutto i ragazzi con i giubbini tutti uguali che fanno i volontari e ti vogliono estorcere qualche moneta per i loro bellissimi motivi: i bambini dell'ospedale, i non vedenti, le popolazioni in guerra. Ti fermano, ti sorridono, ti guardano come se ti conoscessero da sempre, e ti invitano alla discussione. No, non posso, devo andare a lavorare, devo andare a fare la spesa, devo andare e basta. "Have a good day, man"- ti dicono sempre. Poi angolo Union Street con Coronation, il passo dei pedoni, svelto. Il semaforo, gli autobus rossi e i taxi neri, le luci, le nuvole, l'ingresso al parco, tetro di tombe e allegro di ragazzini innervositi dalla adolescenza, dalle prime sigarette, dai giri sugli skateboard. Ma prima, per me, è ancora angolo Union Street con Coronation, gli sportelli bancomat, i fast food, gli store con i cartelli "sale" in bella vista. E poi Lei... Lei non ti ferma, Lei non ti sorride, Lei non ti invita alla discussione.
No, non mi sono innamorato, non mi sono invaghito; quello semmai lo faccio tutto intorno a Lei, con le ragazze di colore che potrebbero anche coprirlo il loro splendido culo, ma tanto si vede lo stesso. O con le cinesi vestite splendidamente, coi loro capelli liscissimi. O con le indigene, e i loro occhi magnetici, di assenzio; o ancora con le indiane, e le loro pelli di pesca. Lei è semplicemente Lei. E' mediorentale, la sua gonna è lunga, di un colore caldo; a volte porta quel velo tipico delle donne di quelle parti lì. Indossa il giubbotto rosso di ordinanza, vende unna rivista che nessuno mai ha comprato: The Big Issue. Io e Lei ogni volta incrociamo gli sguardi e io credo di carpire, in quegli attimi frettolosi, gran parte della storia dell'umanità. I suoi occhi, i suoi incredibili occhi. Azzurri, no che dico, Blu! Dal taglio unico, i suoi occhi parlano e raccontano; i suoi occhi non riescono a negare la tristezza. Come fa la tristezza ad essere l'ingrediente finale e defintivo della bellezza suprema di un paio di occhi? Eppure è così. Angolo Union Street con Coronation, mentre Birmingham corre e ride e parla e opera, c'è Lei, il suo svogliato tentativo di vendere una rivista che nessuno acquisterà mai, il suo giubbino rosso di ordinanza e i suoi occhi. Gli occhi più belli di tutti i tempi. E la sua tristezza. Che la riempie, la farcisce, la impernia, la completa, la rende viva. E io, a piedi o in bicicletta, la guardo e mi sento piccolo, come se cercassi l'aiuto di mia madre, come se volessi tornare ai tempi in cui i grandi mi davano le risposte giuste. E vorrei chiedere a qualcuno se mi sa dire cosa vuol dire questa tristezza, emanata da una ragazza, che diventa Bellezza. Perchè questo sconvolgimento cosmico? Una volta la tristezza era brutta e basta. Perchè adesso è così bella che ho perfino paura di avvicinarla?
Seconda parte.
Angolo Union Street con Coronation. Mi fermo e Le chiedo quanto costa The Big Issue, la rivista che non leggerò mai; Lei mi sorride, e io non faccio caso ai suoi denti, alla sua bocca che si schiude, alle sue sopracciglia che formano altri angoli. Guardo sempre i suo occhi, anche adesso che ho preso a distogliere lo sguardo quando parlo con qualcuno; Lei non è qualcuno! Mi dice il prezzo, io dico che sì, la prendo. Il cuore mi batte all'impazzata e faccio mio un coraggio che ho avuto in altri momenti, ma non sarebbe questo il caso. Chi sei? Da dove vieni? Chi ti ha portato qui? I suoi occhi, i più belli di tutti i tempi, me lo dicono. E allora adesso so ciò che ho sempre saputo: lunghe camminate, nel giorno caldo e afoso, nella notte fredda e ostile; con tra le braccia il bagaglio di tutta una vita, con lo sguardo, emanato da quegli occhi indefinibili per quanto sono belli, buttati sulla nonna stanca di camminare. "Abbiamo l'Eldorado da conquistare", ma lo dice come se stesse dicendo una cantilena, qualcosa alla quale in fin dei conti non crede veramente. Angolo Union Street con Coronation, una rivista senza senso alcuno tra me e questo essere vivente che con la sua sola presenza su questa terra ricorda realmente a tutti chi è l'Uomo, e da dove viene. E poi gli occhi, Azzurri, no che dico, Blu. Come quel mare attraversato, come il pensiero che sprofonda dentro. "Adesso siamo qui, io mi metto questo giubbotto di ordinanza ogni mattina e vendo questa rivista che non compra nessuno". Non c'è bisogno che me lo dici, avevo già capito tutto, i Tuoi occhi mi avevano già detto tutto. Mi giro e vado via, con il mio numero di The Big Issue che non leggerò mai... Perchè ciò che ho scritto nella seconda parte non è mai accaduto.

giovedì 13 gennaio 2011

Jeudi

Quindi è così che funziona!!!
Il Giovedi, giorno libero (I'm off) è questo. Common room, Zoltan e la sua allegra compagnia intenti a pulire, a passare l'aspirapolvere, un tipo strano, con una strana coda, consulta il suo laptop; Dominick sproloquia di lavori che non trova, e io mi domando se veramente ne ha cercato uno da quando è qui. I Red Hot Chili Peppers lasciano il posto agli Oasis, che a loro volta sgattaiolano nel silenzio mentre, con impeto, si impadroniscono di questa stanza i meravigliosi Radiohead...
Giovedi, centro esatto della settimana, giorno di nulla e di tutto. Chatto, mangio, faccio i conti con Sua Maestà il Catarro post-influenza, osservo. Ma ormai osservare mi pare una pratica con pochi significati. Cerco, amici miei, sto cercando di capire dove e come posso dare una svolta. Il lavoro va bene, Birmingham è ormai ai miei piedi, stasera andrò al cinema con tre bellissime ragazze francesi; qui è sempre più ordinario, è quasi casa. Domani ci sarà una festa, la festa dello staff del Pasta di Piazza. Festeggiamo il ritorno del proprietario; ieri l'ho conosciuto, gli ho pure fatto simpatia. Zoltan e la sua allegra compagnia stanno ridendo in ungherese; il ragazzo nuovo, Peter, il bulgaro, mi ha appena chiesto per la settima volta oggi, se andrò a lavorare:"no, I'm off today"- dico, avrà capito?!? Tanto me lo richiederà un'altra volta, e poi, un'altra volta ancora. "Camel twenty yellow, please".
Giovedi, interlocutorio, bramato come si bramano quelle cose che arrivano e tu dici:"e allora? tutto qui?". Alla fine di questa riflessione riuscirò a stabilire se ho raggiunto i risultati sperati. E allora sarà Pasqua di Resurrezione, o no?
Giovedi, chissà se c'è stato un giovedi importante nella mia vita, chissà se questo lo sarà. La moquette del Backpackers diventa viva, multicolore...
Adesso la filodiffusione crea l'ossimoro gigante; e mentre attraverso la finestra vedo le nuvole brumme, i mattoncini rossi, le foglie che quasi impercettibilmente si muovono spinte dal vento, il Maestro Fabrizio narra, cantando, le Storia di Marinella. Nessuna vicinanza con niente, solo la consapevolezza che il mondo è realmente piccolino, e io mi ci perdo dentro. Devo solo trovare la chiave per perdermici soavemente. Perchè nonostante tutto l'India è veramente lontana, e il mese di dicembre pure.
Così, di Giovedi, vi dico:"non abbiate paura"; in questo giorno buono per gli impermeabili blu scuro, per gli sguardi riflessivi, vi dico che tornerò a raccontarvi la vita leggera che vuol essere la mia. E un giorno, giuro, tornerò al Grest Salesiano.

martedì 4 gennaio 2011

I've got a fever

Tre fuori, trentanove dentro, gradi dico. A guardare bene, la differenza sembra non esserci, sti numeri si sono coalizzati contro di me. Ester mi ha detto:”go to bed immediatly”, Peter mi ha messo il suo braccio sulla mente, “you've got it”, sentenza definitiva, senza appello. Mi chiedo se sono le elucubrazioni cerebrali di cui sopra che mi hanno dato il colpo definitivo; ma quando hai la febbre a qualunque domanda rispondi così:”ma che cazzo me ne frega!”. Tre fuori, ma il sole (e ahime, il vento), trentanove dentro. Il mio corpo, dico. Non ci si ammala il 4 gennaio, ci si ammala ad ottobre, con i primi freddi, quelli che attendi ma lo stesso ti prendono alla sprovvista; ci si ammala a marzo, che è pazzerello. È come un caleidoscopio gigante questa mia testa che fa il giro del mondo; il mondo che giro si prende una bella rivincita e diventa il mio carnefice...e io divento piccolo, spaesato, senza difese. E infatti, tre fuori, trentanove dentro... la medicina qui fa schifo. Deliri: è stato quel maglione pesante che ho messo ieri, all'ingresso al Bullring ho sentito caldo, poi di nuovo freddo. Lo sento nella gola, quel pizzico che mi fa dire: “noooo, non voglio, non voglio”. Testardo! Come faceva Gandhi? Lui, e quel pezzetto di stoffa... Perchè io e sta figa secca di città continuiamo a guardarci in cagnesco? Sara, sì, ci vorrebbe Sara. Non so, mi sa che sarebbe brava a maternizzare con me. Non cresco, qualcosa che non va? Sto letto, dentro il quale mi sono infilato “immediatly”, da qualche giorno è troppo vuoto. Carolina lo ha riempito bene...shhhhh, certe cose non si dicono. Ma io deliro, io sto delirando; I've got a fever. Sabri non mi voleva lasciare andare. Se vuoi muoio qui. Oppure non muoio, che è meglio. Anelo incondizionatamente il tempo del catarro; quello degli sternuti con la sorpresina. Ah quanto ci si sente bene. Non me lo so immaginare, ma so che è così. Forse perchè son vecchio? Deliri. Devo star bene, lo devo a loro. Poi prendo la chitarra, la faccio roteare, spacco tutto. Ma tu non sai suonare! Sì, lo so. Che è? Si vede che ho il blocco dell'artista? Ci vorrebbe Valentina, che è andata via, col suo carico di gioia. Altra sorsata a sta cazzo di medicina che mi porta sulla linea che c'è tra il sollievo e il vomito. I've got a fever, amici miei. So che tutti (quasi) mi comprenderete. Domani il maglione più leggero. I miei pori devono respirare; la mia mente deve sorprendersi. Ci vorrebbe una gita. Ma adesso mi raggomitolo un po'. Ci vorrebbe Mamma. Ci sbatto la testa contro tutto ciò; tre fuori, trentanove dentro, sembra il rompighiaccio di Sharon Stone, lo devo rompere sto ghiaccio, così poi, quando anche questa è passata, potrò prepararmi per un'altra avventura. E vaffanculo...