giovedì 28 luglio 2011

Tam Tam

E alla fine sei arrivata, ricordandomi che nella vita si cambia pelle, si cambiano i punti di vista, le passioni, i gusti, si cambiano le priorità; ma ciò che non cambia in ognuno di noi è il modo in cui si vive tutto ciò. E' come se mi avessi detto:”Magari è tutto assopito, è tutto nascosto, devi solo tirarlo fuori”. Ancora Musica quindi. Però stavolta va fatto un lavoro di esegesi, perchè si sta tornando al passato, e l'esegesi va fatta per scoprire che niente è cambiato, incrociando le dita. Con un giro vorticoso sto riprendendomi il perduto per provare a catapultarlo nel futuro, o per avere la speranza di farlo. O per avere la certezza di poterlo fare. Ci sei tu, qui adesso, e forse c'eri allora, accompagnata da uno stuolo di Vergini Emozioni; dovrei chiedermi cosa ci fai qui, ma non me lo chiedo, mi godo il momento, anche se corro il grosso rischio che sia effimero, senza nulla di concreto e materiale. Come se non fossi io, come se non si stesse parlando di un uomo, ancora adolescente, che potrebbe fare a meno del pane, sì, ma di quelle sensazioni che non si toccano ma ci sono, eccome, no. “Sedicenne timido e goffo”, dentro la mia stanza, i miei cinque sensi vivi, difficilissimo contenerli, quattro mura, silenzio tutt'intorno, e il giradischi. Il caro vecchio giradischi, il braccio meccanico, la puntina, il vinile. Naturalmente The Smiths. Il primo album. La prima traccia. Real Around the Fontain. Torno al passato, per decodificare il presente, per immaginare un futuro che adesso, forse, guardo con degli occhiali dalla montatura rosa. Mi sdraio sul letto, mentre la batteria di Joyce, per nulla invasiva, per nulla rumorosa, entra nella mia stanza senza affidarsi ad esercizi di stile. Il Poeta è lì che aspetta, il Candido Poeta sapeva già della mia vita con venticinque anni di anticipo. Poi parte: “It's time the tale were told /Of how you took a child /And you made him old ”- “E' tempo di raccontare la storia /Di come raccogliesti un bambino /E lo facesti diventare adulto”. E mi riportasti agli istinti primordiali, e mi ridestasti dalle paure, dai miei drammi; di come mi aiutasti a smettere la panoplia che ho indossato per tutto questo tempo, con pochi gesti, essendo solamente te stessa. Con il tuo colore di capelli, con i tuoi “no” decisi, mentre tendi la mano, mentre nuoto come un ossesso dentro un mare di indecisioni, e magari tu hai la chiave di tutto. Il pianoforte è delicato, nitido, accurato... “Reel around the fountain /Slap me on the patio /I'll take it now ”- “Giro intorno alla fontana /Schiaffeggiami nel patio /Lo prenderò adesso”. Potrebbe anche essere un tavolo da ping-pong, o una cucina affollatissima, un pub con poca gente dentro, ma il rumore non cambia, la voglia neanche. Lo schiaffo non c'è stato, e vorrei che tutto ciò che c'è tra noi fosse solo paura da superare insieme; magari attorno a noi c'è solo notte e oscurità, e le luci possiamo accenderle solo guardandoci negli occhi. Ma senza terrore. Il giradischi continua il suo incedere; il soffitto, che fisso senza soluzione di continuità, si avvicina e si allontana a piacimento. La lampada dovrebbe essere spenta, ma sono troppo pigro per alzarmi, e la canzone continua. Adesso il ritornello: “Fifteen minutes with you /Well, I wouldn't say no /Oh people said that you were virtually dead /And they were so wrong ”- “Quindici minuti con te /Come potrei rifiutarli /Oh la gente diceva che eri virtualmente morta /Ma si sbagliava di grosso”. E sembra così semplice adesso, sembra così immediato, facile da comprendere; già, perchè quei minuti non sono mica solo quindici; è un periodo che sfugge alle regole temporali, e si scaglia con forza dentro una dimensione che è talmente surreale che ci mette nulla a diventare norma, a diventare quotidiano, a diventare ordinario,. Quindici minuti ancora, a scrutare le mie capacità di diventare Servo di una Principessa; a meravigliarmi nel sentirmi a mio agio quando provo a baciarti, a realizzare soavemente che hai spostato di due gradi il mio orizzonte. E hai cambiato la mia rotta. Camicia a quadrettoni, ciuffo impossibile in testa, nervosismo lascivo. “I dreamt about you last night /And I fell out of bed twice /You can pin and mount me like a butterfly ”- “Ho sognato di te la scorsa notte /E sono caduto dal letto due volte /Puoi infilzarmi e incorniciarmi come una farfalla”. E dirlo a tutti, sì, che sono sottilmente fragile, ma che se mi libro in volo malcelo una Meraviglia che ho in comune con pochi altri. E che divido solo con te. Che vorrei dividere solo con te. Come se il viaggio fosse finito, e adesso si torna lì, dove si era prima; ma con nuove disposizioni. E quindi, grazie al Poeta, “Meet me at the fountain /Shove me on the patio /I'll take it slowly ”- “Incontriamoci alla fontana /Spingimi nel patio /Lo prenderò lentamente”, qualunque cosa sia, perchè comunque è Vita, da qualche parte, spero dentro di te... un'acqua dissetante. Qualcosa di assolutamente diverso da quel guardarsi allo specchio e dire con facilità che ci si ama. Non ti chiederei mai di raccogliere i pezzettini del mio essere e fare un certosino lavoro di ricomposizione; ti chiedo solo di essere te stessa, al resto ci pensano i desideri, le ricerche, le olive verdi, la mia mano sulla tua. Il Poeta grida oppiaceo il suo “I Do”, mentre io lo ripeto con forza, come se lo volessi aiutare. Come se volessi farmi aiutare da lui. Poi la puntina del braccio meccanico salta, e si porta su un altro pezzo, “Hand in Glove”, la parte in cui dice “But I know my luck too well /And I'll probably never see you again ”- “Conosco benissimo la mia sorte /E probabilmente non ti rivedrò mai più”. Grazie per la meravigliosa adolescenza, che continua ancora oggi, anche per merito tuo. Perchè l'innamoramento sembra più vero quando non è corrisposto. Il Candido Poeta Docet...

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