domenica 25 marzo 2012

Tema Ricorrente

Tutto è giusto quando ci si ritrova in un parco accogliente. I panini e le bibite, la pasta fredda, le bevande impossibili; i plaid di fortuna, le braccia scoperte, gli occhi buttati su quei ragazzi lì, che palleggiano mentre tu vorresti raggiungerli. E poi ancora le ragazze bellissime coi cani al guinzaglio, le ragazze bellissime a coppie che parlano lontano, sdraiate, a pancia in giù; che parlano di sesso spinto, o almeno le si immagina così. Gli occhiali da sole, le sigarette buttate da qualche parte, vicino alle scodelle di plastica. C'è sempre chi si da da fare a non far nulla, e c'è sempre chi distribuisce vivande e attenzioni. Le scarpe comode, i tatuaggi in bella mostra, il verde che ci ricorda che è un giorno in cui non si deve andare a lavoro, il legno delle sporadiche staccionate, i bambini che corrono, e quelli che cadono rovinosamente per le terre. Triangolazioni di conversazioni che nascono e non muoiono mai, o finiscono in un dimenticatoio eterno. Che importa? Tutto è giusto al pic-nic, dentro un parco accogliente, e il tempo si dilata e si dilegua; Sua Maestà il Tempo molla le briglie e ci lascia liberi di scorrazzare sui prati, di dire cazzate, di immortalare immagini e tenerle dentro le nostre fotocamere, dentro i nostri telefoni di ultima generazione, dentro le nostre menti che stanno già facendo il lavoro di cernita dei momenti belli, e di quelli da catalogare come scomodi. Giusto, tutto lo è; anche se poi finisce, anche se la goliardia deve cedere il passo ai doveri, agli obblighi, alle incombenze. Ma non dobbiamo mica pensarci adesso, per intanto tutto è giusto al parco, durante il pic-nic, tra le margherite piccole piccole. Ne prenderesti un mucchietto e le offriresti alle ragazze se non fosse che non tutte meritano il gesto. E allora via di passeggio tra gli sparuti gruppi venuti al parco, ad osservare papà e mamma con in mezzo il bimbo piccolo, ad osservare papà e mamma che tengono il passo breve delle leve piccole del bimbo; ad osservare calzoncini arrotolati, ancora occhiali da sole, ancora palloni e frisbies. Fino a quando il mio sguardo torna dalle parti del nostro gruppetto, lo rimette a fuoco da lontano, gambe in spalla e si fa ritorno lì. Non è un party, non è un convivio, non si tratta sicuramente di baccanali. È il parco, che ci accoglie e ci nutre di noi stessi. Delle nostre prerogative, dei nostri infiniti difetti, dei nostri sporadici affetti. Manca qualcuno, manca tanto, manchi tu. Ma non si può volere tutto. Chè il tutto non esiste, e ha prerogativa di non saziare. Ci si stanca, ci si saluta, le strade si dividono; il verde parco londinese ci accompagna dolce all'uscita, e ci ricorda che sta sempre lì, qualora volessimo rivivere il momento. Adesso treno, di ritorno verso Casa. I piedi doloranti per il troppo camminare, le gesta dell'Ammiraglio Nelson, la batteria dell'I-Phone che lentamente muore, la fame da McDonald, i buoni propositi. Torneremo, o forse no, in un parco giusto, tutto giusto. Torneremo, o forse no, tanto non importa. Importa averlo fatto, importa averlo ricordato. “Il solito, per favore!”

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