lunedì 11 marzo 2013

Some Girls Are Bigger Than Others

Amanda vorrebbe trattenermi a casa sua, al centro del centro di Chinatown. “Se hai sonno, puoi sempre dormire qui...”. E io, sergente astuto, faccio finta di niente; non mi curo del fatto che subito dopo l'eiaculazione ho già preso il volo, sono già fuggito via come l'Islandese, e non mi sforzo di non farglielo capire. La tristezza è una cosa meravigliosa, amica cara, ma solo se a produrla è il mio deep inside. Fakebirthday's Cakes fanno capolino sulle paginette stanche delle virtuali cose, frasi assassine senza spazi e punteggiature producono il puerile abisso tra me e le mie pochissime certezze. Amanda dovrà aspettare il suo turno, in compagnia delle sue lacrime false e profondissime, in compagnia del suo letto quasi sfatto, in compagnia delle sue canzoni R n B da adolescente occhialuta ogni anno promossa, nonostante abbia da mo' superato i trenta. Fortuna che ho portato gli auricolari, così mi disintossico un po', e la lunga passeggiata verso il ristorante è cadenzata dal suono Lo-Fi dei Blond Red Head, due italiani e una spettacolare ragazza orientale. Fate vobis! Il Conclave Asiatico deve ancora iniziare, anche perché non si è ancora capito se la Papessa in carica si sia effettivamente dimessa, o sia morta dentro un uovo. Scusate l'ardire. Il finto ristorante italiano che mi conosce bene ha la prerogativa lancinante di aprirmi i battenti davanti, come fossi il vincitore. Un'occhiata a destra, una a manca; un bacio di qua, un saluto dall'altra parte. Vicino alla cucina c'è un tavolo di black girls, di quelle che a volte mi mettono in testa la strana idea di resettare la mia bussola. Basterebbe un “I'm Fabio, Italian Guy!!!”, per sconcertarle un po'. Scorgo il tavolone variopinto delle mie amiche, mi ci butto come fosse serve and volley, battutine astratte, non tanto comprensibili, ma i galloni del simpa me li sono guadagnati in tempi non sospetti. Sembra una pagina word in giustificato, questa congrega variegata di vagine al mirtillo, questo passerume che non mi suscita attrattiva, salvo il caso di mantenermi vigile e con l'animo perennemente abbronzato. Tiziana porta gli occhiali, e mi piace pensare che essi stessi producano di me un'immagine che si avvicina tanto alla forma di una fotocamera:”Mi fa una fo'o?”, si proietta ortogonalmente la ragazza fiorentina. Ma sarebbe riduttivo didascalizzarla in sì modo. È vero che basta un semplicissimo “non rompere i coglioni Tiziana”, ma mi ci vorrebbe un mese di post per spiegare realmente cos'è, e cosa porta in dono questo piccolo grande caterpillar che viene dalla toscana, che porta sorrisi e canditi, che porta massi sul cuore, cercando con un'educazione martellante di distribuirne il peso su tutti noi altri. Asia è la regina! Non foss'altro che per il pancione che porta seco, e che tiene dentro il piccolo miracolo che, ormai l'ho capito, non si chiamerà mai Fabio; ma in fondo che importa. Una cucchiaiata di torta, un limoncello malandro che si mischia fluttuante alla mezza bottiglia di vino cileno che ho ingurgitato poco prima per farmi piacere l'idea di mettere le mie sacralità nel corpo dell'Amanda di cui sopra. Sabrina, la signora bbona, cammina sul filo invisibile tra il sofisto e la pajata, il suo inglese è fluent e trasteverino, il suo corpo è modellato col marzapane, le sue tristezze sono messe in ordine, i suoi vizi in vetrina. Ce la vedo bene, Sabrina intendo, con un cappello a falde larghe, un sorriso allo yogurt, e un tramonto caraibico. Il ruolo del Jolly è della mia piccola Laura, che mi guarda di tre quarti perché io e “quello stronzo” condividiamo lo stesso giorno di nascita, che gioca il gioco della sincerità, che mi punta il dito contro con la consapevolezza che mai sarà offensivo, che accende la luce con un semplice sorriso, ché noi siamo amici da tempo immemore, e lo eravamo già il primo giorno che i nostri occhi si sono incrociati. Il resto è un po' contorno, poca attrattiva, sembra tutto già masticato; una volta che sai come funziona, puoi partecipare facile facile al quiz show. Ma poi arriva Sara, che è ingegnere . Arriva Sara, che ha le braccia affusolate, il culo alto, le trame del viso ammalianti, e vota per La Destra. Ci si sfiora un po' le mani vicendevolmente, ci si parla di cazzate e di cose che potrebbero cambiarti la vita. Sara sta messa lì, nessuno direbbe mai che fa eccezione, ma per me è come se indossasse l'alta uniforme in mezzo alle mimetiche. Ci scherza su, Sara, ci va con le molle, ci gira intorno, e poi magari si chiede cosa realmente vorrebbe dalla vita. E io vorrei urlarglielo in faccia che “no, non funziona così”. Oppure vorrei portarmela a letto, e provare con lei le porcherie che diventano pulite tuttauntratto! Ma io sudo volentieri cercando di rimanere aggrappato ancora un po' a questa esistenza un po' packman. Con l'ultima vita e col pillolone lontano. Mentre cammino a ritmo verso casa, mi accorgo con letizia che la batteria dell'I-Phone è lontana dall'abbandonarmi, e non penso alle occhiate furtive dei signori nei tavoli vicini che posticciamente invidiano la mia presenza da unico maschio in un tavolo al femminile. Non penso al ballo goliardico del Pitcher and Piano. Non penso a Sara volata via prima del tempo. O alla Lauretta caduta ancora nella sua piacevole ragnatela. Non penso a Tiziana, passata ad un altro must delle sue ricorrenze:”Oh Fabio, metti le fo'o su feisbuk”. E non penso a Sabrina, alle sue rughe sexy, e al nostro modo dirty di dare spettacolo al mondo. Le amo tutte, del mio amore malvagio e indiscriminato; travolgente e superiore. Penso invece ai Blond Red Head, due ragazzi italiani, e una giapponese spettacolare. Penso al mio speciosissimo Conclave, e alla mia Papessa, dimessa o morta dentro un piccolo uovo di niente.

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