lunedì 6 agosto 2012

Is It Really So Strange?

Non dovrebbe essere un male. Voglio dire, mantenere una fragile sensibilità, e rimanere immune dalle estreme tribolazioni della passione. Minuscola passione. Però da più parti sono oggetto di attacchi a ripetizione; ci stanno provando, e sapete una cosa? Non mi dispiace, perché è vita! Ogni giorno una dichiarazione di guerra, mentre cerco ristoro mentale nel cortile del BackPackers, tra le catapecchie in disuso e i neon ammassati lì dagli elettricisti che ci hanno dotati di un nuovo impianto. Il muro di fronte, coi mattoncini rossi e la canaletta per far passare i cavi; Frank passa, va verso la sua nuova casetta alla fine del cortile, mi dice che mancherà ancora una settimana, “See you on the weekend Bro”, e poi mi sussurra un “ciao” d'ordinanza. La nicotina si impadronisce ancora di me, passa il treno sopra il ponte retto da fantasmagorici archi anni trenta. Piove, e gli attacchi si fanno insistenti, dalle oscure e distanti brezze del nord Italia, ai vicinissimi villaggi dell'Estremo Oriente, passando per la Grecia, il Mar Morto, le Indie... Non provate un po' di invidia nei confronti del sottoscritto? C'ho un presente da afferrare e un futuro (iperprossimo) da vivere smanioso. La nicotina mi pervade le membra, i tre tavoli rotondi, uniti insieme per chissà quale recondito motivo, accolgono i posacenere a pancia in giù, ché piove ancora nella città dei Duran Duran. Un messaggio, una telefonata, una foto scattata in qualche stanzetta adolescenziale, un cerchietto per tenere i capelli in ordine, un paio di occhi, due, tre e quattro. E così via. È in arrivo un carico di sinonimi sul binario sette, affrettiamoci. C'è gente che si chiede come faccio a presentarmi in condizioni differenti, in compagnie differenti, in ristoranti differenti, con appetiti differenti. Ma posso stare qui, davanti a questa tastiera, per anni e anni, e comunque non riuscirei mai a rendere ciò che c'è. Dovrete annusarne lo spirito, dovrete carpirne l'odore, dovrete acciuffarne le essenze, perché io oltre non vado. “Tu devi ballare con me”- mi è stato detto. E io non ho neanche risposto, ho solo armato i miei occhi. Storie che finiscono, e storie che ricominciano, mentre il Messico mi dichiara guerra, mentre il cortile dell'ostello si fa deserto, poi negozio di giocattoli, poi panetteria. A proposito, devo dare alla tedesca la scatola nella quale ha messo i dolcetti che mi ha regalato per il compleanno. Il pallone da basket sta lì e nessuno lo tocca, mentre quello da calcio cambia sempre posizione ché c'è sempre qualcuno che ci palleggia un po'. Le due palazzine del BackPackers mi stringono teneramente a tenaglia, una ragazza francese misura il peso del bagaglio e lascia tutti. Intanto continuano gli attacchi, e non ho ancora capito se dentro c'è qualcosa, e allora ecco un lavoro certosino di martello e scalpello, oppure non c'è niente, e allora sarà meglio non rovinare il fondo della padella. La porta d'emergenza è sempre aperta, lì all'angolo c'è il posacenere a colonnina che Zoltan ha fatto mettere per me, così non semino cicche. Il Galles è lontanissimo, il pool pure, Quando anche... Adesso la smetto, ma devo rimanere qui, c'è un ultimo chilometro da percorrere. “Why is the last mile the hardest one?”- dice il Candido Poeta. Appunto, ho un appuntamento importante. Con un foglio bianco.

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