lunedì 9 luglio 2012

L'Anno del Gatto

E adesso? Due mani sapienti toccano i tasti del piano, a sinistra un canale che pare sporco, ma mi dicono che così non è. Al mi accompagna al suono del suo “Anno del Gatto”, e allora le nuvole si fanno poesia, dolcezza e malinconia. Una di quelle malinconie che giovano all'ispirazione; una di quelle malinconie che dolcemente ti tolgono il respiro. La vita prende altre pieghe, altre direzioni, nuovi punti di vista, nuove considerazioni. Come una chitarra con le sue note alte, e ci devi mettere te stesso per fare subentrare un sax che ti porti dentro la leggiadria di cui ha bisogno, e che meriti. Verso Nord continuiamo a tenerci sott'occhio, lui adesso ha il problema della gestione dei suoi nuovi sentimenti, e io arrivo in soccorso. D'altronde, cari amici miei, è già difficile, per uno come lui, gestirne una, figuriamoci due. È sempre l'Anno del Gatto, la voce di Al si intromette con quella fastidiosa delicatezza, con quell'aria antipatica da primo della classe. Però mi ricorda che ho bisogno di quei violini, di quelle corde spagnole, e ancora di quel piano che accompagna con la consapevolezza del proprio essere indispensabile. Poi arriva la ragazza di Norimberga, le sue correnti alternate, il suo sguardo duro pronto a bordo campo, finché i suoi occhi verdi (o azzurri , “ma queste cose succedono, come vedi ho dimenticato...comunque, ciò che voglio veramente dire... i tuoi sono i più dolci che abbia mia visto”), si fermano un attimo sui miei. E mi scrutano, chissà con quali misteriosi aneliti. È ancora l'”Anno del Gatto”, ma è anche quello del Dragone, Quando sta trasvolando con pensieri imperscrutabili, e io cammino ancora costeggiando il canale. Un boomerang. La passeggiata sotto le nuvole di Inghilterra mi ricordano i miei doveri, che vogliono incappare docilmente con le mie aspirazioni; un uomo mi guarda e mi racconta di cose ultraterrene, di cose che servono alla sopravvivenza del genere umano, di cose che riempiono la pancia. E vorrei dirgli che “sì, lo so”, ma vorrei anche spiegargli che posso vivere di sola poesia, posso nutrirmi di sogni, posso trovare sostentamento con l'ausilio di roba che ti fa levitare dal terreno. E che non voglio queste catene. D'altra parte nel momento in cui ci si saluta, il più delle volte ci si sorride. Dateci un'isola, datecene una, una soltanto. E noi la popoleremo, vi scriveremo regole nuove, vi costruiremo una scuola in cui nessun bambino andrà. Al si incazza un po', mentre canta di questo amore che gli sfugge di mano, e allora io mi ritrovo ad essere solidale con lui; perché la sua donna profuma troppo, è vestita come fosse l'unica. Quanto lo capisco. Non mi curo di questo angolo di Italia che qualcuno ha costruito da queste parti ( non io di certo!), non bado al ciarpame della mente, non mi occupo del giusto accoppiamento dei colori. Figuriamoci, per me giallo e bianco stanno benissimo! Solo Al, il canale al mio fianco, le nuvole sopra, le leggerezza dei miei passi, il sax che scompone educato il dolce incedere di due sapienti mani che toccano la tastiera del piano. Sono tornato, e poco importa se non è proprio l'Anno del Gatto.

Nessun commento:

Posta un commento