sabato 19 maggio 2012

La regola dell'Amico

Le mie gambe si stanno abituando alla leg press, il mio corpo ricresce sotto i colpi degli esercizi fisici e delle proteine finali; intanto dalle parti di Harborne si studia a ritmi elevatissimi cercando di recuperare il tempo perduto per chissà quali reconditi motivi. E si scattano foto accattivanti. È un mese pieno di compleanni, un altro. Io e il mio amico ci produciamo nel lavoro inutile di stilare un dizionario, mentre il Racconto prende forma con un crescendo degno di una cavalcata sulla sabbia, o di un pezzo di Mogwai che parte lento, bisbiglia, si ammazza di sudore, svertebra tutto a chitarrate, indossa un vestito da gran gala, e muore definitivo con la consapevolezza della propria completezza. È il mese del finale di stagione, e forse per questo mi sento fiacco e debole, forse per questo vado a letto alle undici, solo una volta però. Le ragazze italiane mi ricordano il loro retaggio culturale, e poi mi ricordano che il loro retaggio culturale va a fare in culo quando si tratta di sputtaneggiare a destra e a manca, o quando danno fin troppa importanza all'amico brutto innamorato che si intromette tra me e loro, muoia Sansone con tutti i Filistei. L'anello più debole della catena della dignità si fa persona umana e ha fattezze di un essere privo di midollo, di un essere che non si cura della grande brutta figura che sta facendo con se stesso. Viviamo, giochiamo a biliardo, dormiamo in letti non nostri, indossiamo le cuffie del nostro I-Phone con dentro la musica che ci piace di più, inventiamo gerghi, ci distruggiamo di biscotti al triplo cioccolato, facciamo giri del mondo comodamente seduti al tavolo diciotto; beviamo succhi di frutta più salutari che buoni. Pronti partenza via! Chè se le gambe non reggono non importa; tanto il tempo è l'unica medicina, e non costa tantissimo. L'unico problema è che non vediamo la fine di tutto ciò. Già, chi sa dirmi dove finisce, e se finisce? Forse nell'interstizio tra una moquette e un'altra, forse nel messaggio di una ragazza romana, seducente come il suo “Ti A...” venuto su questa terra da chissà quali galassie lontane; forse finirà nella capacità che ha un uomo di sessanta anni di essere stupida falena che sbatte la testa sempre e comunque su quella fonte di luce lì. Oppure finirà, inverosimilmente e magicamente, tra le stradine della Città Proibita, nei lunghi viali di Pechino, tra le sindromi della Principessa. Chissà Quando... Non è solo un momento da godere, non è solo il momento di godere, è la vita. Quella che c'era ma era latente, e non si palesava, perchè tutti si mettevano davanti e oscuravano la vista. Qualcuno picchietta su una nota altissima del pianoforte, poi c'è chi si strugge l'anima se ballo con una ragazza, se la faccio ridere di gusto, se sfioro le sue labbra con le mie, se mi faccio portare a casa sua. Gnocchi con dentro seafood, per favore. Spalmo ancora un po' di crema alle mandorle sul mio petto glabro, osservo attraverso lo specchio le mie evoluzioni muscolari. Tranquilli, non solo lo faccio ricordando a me stesso che sembro un coglione, ma poi, con un colpo di coda, accendo il laptop e guardo un film coreano, pieno di arte e filosofia. Intanto le sue mani mi cercano, si accorgono con stupore che non perdo la giovinezza neanche a colpi di scudiscio, e mi anela, come fossi una mela. Succosa. Ma è l'amico smidollato che si presenta come un esattore, e ci ricorda che l'assenza di dignità è un pozzo senza fondo. E mi dispiace, tanto per lui quanto per me. Fate vobis; io mi sto abituando al puzzo dei vostri piedi, e nonostante la leg press e il cangiante clima delle West Midlands, nonostante i vorticosi giri del mondo stando seduto al tavolo diciotto e il pezzo di Mogwai che sembra una cavalcata sulla sabbia, come il Racconto che cresce, nonostante i balli col doppio fine e gli gnocchi al seafood, mi faccio forte di un “Ti A...” che so benissimo che ha da venire. Qualcuno mi sa consigliare un'App divertente da scaricare? Bevo un bicchiere di vitamine e vi dico ciao.

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