sabato 4 febbraio 2012

Quando The Smiths...

Come fare? In che modo? Ma poi ti perdi dentro te stesso, e allora non avrebbe importanza. Non avrebbe. Quarantuno minuti, quarantuno tentativi riusciti di intavolare una conversazione, dentro una città nuova, dentro una città anelata come non molte altre. Dentro un freddo impossibile, con due occhi da sfondare, con un laghetto che diventa oceano. I minuti da quarantuno diventano venti, quindici, un'altra foto, un altro sguardo all'I-Phone, alla mappa multimediale. Stiamo andando da qualche parte, stiamo andando nel cuore del cuore della mia adolescenza. “Conosco fin troppo bene il mio destino”- le macchine, i mattoncini rossi, i grattacieli che si stagliano alti, e che ci ricordano di quando questa città sconosciuta aveva certe prerogative e oggi ne ha altre. “Ma che differenza fa? Ogni uomo ha un segreto e qui c'è il mio, tanto vale svelarlo”. Mi astraggo dalla conversazione, mi viene da piangere, ancora mattoncini rossi, e quel verde “The Queen Is Dead” sembra quasi annunciare l'arrivo in questo angolo di mondo che per qualcuno rappresenta qualcosa, per me il sogno, e che si chiama Salford. Come spiegarlo a lei, che non era neanche nata? Come riuscire a dare un senso ai sensi di questa crisi adolescenziale senza fine; con gli occhiali grossi, con la temperatura sottozero, con i jean's sgualciti, con le lacrime di amori andati male che tornano tutte. Adesso, sempre. “Ma il Diavolo troverà lavoro per voi”, intanto cammino spedito verso il mio passato sconosciuto, soltanto immaginato. A volte vorrei fermarmi, mi sale il magone; i suoi occhi piccoli indagano su di me; su di me che sono nudo, a carne viva, mentre il freddo mi rende pallido, mentre il freddo arrossa il mio naso, mentre il freddo fa luccicare gli occhi. Mentre il freddo... Attaccato al passato, vorrei chiamare mio fratello, dirgli che sto per farcela, sto arrivando lì dove il Candido Poeta ha mosso i suoi primi passi, dove si è fatto immortalare senza tempo, dove ha provato a gridare a tutti il suo amore diverso. “Sono sorpreso, ma una donna divide”, il laghetto sembra facile da attraversare, invece diventa oceano nel quale mi perdo, dentro il quale nuoto senza avere la cognizione del primo lembo di terraferma. E invece ancora mi ritrovo a guatare quegli occhietti e mi assale la paura. La paura che lei non possa capire. Ma io so da dove vengo, so dove sto andando e soprattutto so a chi appartengo. È una lotta aperta: i miei sensi, la mia storia, le mie patrie, le mie note e le mie radici, contro l'inconsapevolezza che non ha nulla a che fare con la colpa. Bisogna andarci di fioretto, oppure bisogna andare di puro spirito. Due minuti, il tempo di capire a quale I-Phone dare conto, e l'insegna verde arriva; il cuore mi si schiude, tutti i pezzi degli Smiths mi scorrono in veloce slow-motion, e non mi curo di nient'altro. Perchè “sono il figlio e l'erede” di un Candido Poeta che, lontano dalle mie pochezze mi indicava la via. Non faccio schioccare alcuna frusta, resto lì, impalato come un coglione; in realtà sto pregando, sto meditando, resto in orazione, oppure sto solo fumando una sigaretta. Il Salford Lads Club naturalmente è chiuso, c'è solo l'insegna sotto la quale Steven, Jhonny, Andy e Mike si fecero ritrarre per il retrocopertina di The Queen is Dead, ma a me basta così. Adesso c'è, lei, e la ricerca del coraggio per affrontarla, dopo averla vista arrancare per quarantuno minuti quarantuno di passeggio nel mezzo del mezzo di una città fredda e antipaticamente soleggiata. I suoi occhietti che provano a schiudersi di più, il laghetto che diventa sempre più oceano. Non devo scusarmi, ma forse dovrei dire una parola. Invece è lei che ferma il tempo, ferma il mondo, blocca definitivamente la mia adolescenza putrefatta. “Sarebbe lo stesso per me, se fosse la mia band cinese preferita”. Che magica consolazione, che perfetta Resurrezione. Ce l'ho fatta! “E non sono felice e non sono triste”, ma solo consapevole che non sempre devo usare le parole per spiegare me stesso. L'oceano non fa più paura, e neanche questo freddo nemico che qualcosa di buono l'ha prodotto tanto tempo fa, visto che a distanza di anni ho ricordato tutto con devozione. Ma la cosa più importante è ciò che credevo di dover tralasciare, l'aver dato contezza delle mie sensazioni a chi è così lontano da me. E allora la missione che non sapevo di aver intrapreso è compiuta. Il mio personalissimo Cammino di Santiago è stato fatto; via, di ritorno da questa città un po' amara e un po' moderna, accogliente il giusto, che ti concede un tempo d'uopo di quarantuno minuti per farle capire da dove vieni e dove vorresti andare.

2 commenti:

  1. Uno dei tuoi pezzi migliori! E sempre lode ai The Smiths!!

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  2. questo che hai scritto è come una bella sverniciata di uniposca giallo fosforescente sulla frase "cambiare aria fa bene alla mente ed allo spirito" ....considerando che é da due ore che cerco di trovare una stazione radio che non mi ricordi ogni 5 minuti che oggi é il compleann di fiasco rossi!! Arrrrgh

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