venerdì 20 gennaio 2012

L'Altalena

Può anche non essere una tempesta col mare in burrasca, che i bollettini hanno fama di essere catastrofici; può anche non essere un nubifragio, che chiudono le scuole, che manca la luce e devi stare chiuso in casa con la candela che si consuma. Può anche non essere il monologo gridato e nervoso di un attore forte della convinzione delle proprie idee. Non la maestosità di un panorama di montagna, oppure il cartellone pubblicitario più grande che ti accoglie subito uscito dall'aeroporto. Non è detto che possa essere un lungo romanzo di appendice scritto da un autore ottocentesco, o la finalissima di Coppa dei Campioni...
Un altro capoverso, per spiegare che l'altalena va su e poi giù, e la vista cambia, e un po' ti spaventi quando vai troppo in alto. Può anche non essere il Brasile, o il Canada, o mamma Africa. Non deve per forza essere un colpo di genio. L'importante è che non ti basti mai, perchè non basta mai. Nelle lunghe telefonate in cui gli argomenti si sviscerano, si approfondiscono, si analizzano, si sventrano. E poi ancora “hai capito cosa voglio dirti?”, ma certo che ho capito, ma tu ripetilo, non si sa mai. Un giro ancora, per vedere che succede sempre la stessa cosa, e per sentirne il magico sollievo. Un cigno bianco, e uno nero, si muore secondo dopo secondo, e poi si rinasce. Adesso, senza prima e senza mai. Sulle montagne russe, tra i pini in pineta, sulla spiaggia col cappello di paglia, dentro l'atomo dell'atomo. Tanto tempo fa, oppure quindici minuti prima, con gli sguardi sul telefono, con gli sguardi sull'orologio; zappeggiando da record col telecomando, o pianificando un tour parigino. Quando arriva mica si fa annunciare. E ti riscopri vulnerabile, e quindi vivo, alla mercé degli eventi, degli atti che scaturiscono da altri mondi, da altri cervelli, da altre pulsazioni. E fai presto a rifugiarti nel sogno, a mettere la testa sotto il cuscino, alla ricerca del sonno; passi dal ruolo del protagonista a quello dell'outsider in un fiat, e non puoi fermarne l'impeto con le sole mani. La tua unica arma è rimanere sano, rimanere folle. E sorridere. “Dicono che una fine può essere un inizio”, ma erano francesi. Ed è vero che a volte non vogliamo essere intelligenti. E allora può anche essere che stai in spiaggia, tra i ciottoli e la sabbia, senza cappello di paglia; senza i pini in pineta, coi piedi piantati per terra. Lo stesso non ti basta mai. Una frase stupida, se pronunciata tutt'intorno ad un neo miracoloso. Welcome to Luxembourg! Una partitella tra amici, di quelle che giochi con in testa una canzone, e sbagli di brutto, tanto chi se ne frega... Beati, nell'atomo dell'atomo di un semplice “giretto di parole” scritto a penna, amico mio immarcescibile; l'abbiamo capito, nonostante tutto. Una foto, piccola, tascabile, può essere anche così, sempre dalle parti dell'atomo dell'atomo. Può essere, sì, un ragnetto scovato nell'angolo più buio della stanza, oppure quel particolare lì; una parola soltanto, sussurrata a dispetto del resto del mondo, sussurrata col sorriso tra i denti, sussurrata... non serve mostrare i muscoli se la pioggia è sottile e neanche te ne accorgeresti se non fosse che le gocce ti trapassano il corpo, le mani, lo strazio. Può essere naturalmente anche una calma piatta, con le onde piccole che sbattono sulla battigia, formano una schiuma veloce e si ritirano chiamandone altre. E altre ancora. E tu ti accorgi che non ti basta mai.

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