venerdì 13 gennaio 2012

Diavolerie di un'Ambizione

È un'estate appena cominciata, sono interessi che maldestramente diventano routine. La chiamano evoluzione, poveri bastardi. Ma è così, chi sei tu Fabio per imprigionare tutto ciò, per renderlo per sempre uguale a se stesso? Quali caratteristiche mai hai acquisito per fare questo? Sembra uno di quei filmati in cui tutto è velocizzato, cambia vorticosamente il panorama che c'è intorno, e tu resti lì. Quasi immobile. Quasi. Verrà il giorno anche per me, verrà e non solo ne sarò consapevole, ne sarò anche felice. È questo lo scotto che mi paga questa chiacchierata solitudine; questo stare ai margini, questo bivaccare alla periferia delle cose giuste. Il fatto è che per la prima volta non sto recitando parte alcuna, non devo sforzarmi per ricordare il copione a memoria, non devo dare un sentimento artefatto al personaggio. Sono io, un piede saldamente ancorato ai tappeti del Backpackers, l'altro libero di muoversi a piacimento. Un giorno faranno un bel meeting, un briefing, un chiarimento, una conversazione, una bella discussione sul tutto e decideranno. Insieme. Cosa fare.
Palleggio col pallone piccolo da collezione in giardino mentre vivo il sogno di giornata, mi inebrio del suono lo-fi di Mogwai, immagino me stesso dentro un'arena, un palco, un teatro, a recitare monologhi. Le chitarre sono assordanti, il pubblico fischia di impazienza, la prova degli strumenti è finita. Deliri e poesia, quando meno te lo aspetti, prendere il buono da tutto e traslarlo, e farlo diventare magia, anche se Frank ha deciso che andrà via, anche se Simon lo svedese ha appreso la consapevolezza che non si può vivere non dividendo l'appartamento con la fidanzata. Un paio di Cuba Libre con Silvia, catalana dagli occhi belli e dal naso perfetto, mentre dalle parti di Selly Oak ci sono gli esami di metà anno, e le mie chitarre si producono ancora in movimenti, distorsioni, opere e omissioni. Il mio boss mi fa l'ennesima ramanzina, io lo guardo e gli sorrido coi miei occhi, anch'essi belli; e memore delle lezioni imparate altrove gliene do una io, di lezione. Sei gradi centigradi, diventeranno meno uno, mentre ci si sbatte per sapere ancora ed ancora cosa fare della serata, manco fossimo i Drughi di Burgess. Manco fossimo la carovana di Mangiafuoco. Però mi piace tanto questo viaggio andata e ritorno tra amicizia e semplici conoscenze; assaporo con gusto la libertà di decidere per me, a volte anche per gli altri, visto che porto nuove mode a Brummia, io novello Opinion Leader. Il palleggio col pallone non finisce quasi più, destro e sinistro, metafora di una vita che non sa che strada prendere, ora che sarò il veterano di sempre, e non ho la costanza per battere me stesso. La mia voce, nei meandri delle mie cervici, è dolce e flautata, oppure possente e pronta per battere i cristalli. “Facciamo una partita a Scarabeo”- vorrei che mi dicesse. Sto in attesa, seduto come dal dentista. Passione Troia, che mi fai perdere il controllo! A volte. Uno squillo, uno soltanto, e trovo i mezzi per cominciare daccapo. Perchè sei seducente in ogni tua forma, anche qui tra i tappeti del Backpackers, anche fuori sotto l'aborto del Bullring a forma di balena; anche tra gli amici che giocano a calcio, anche nelle espressioni del boss che forse malcela un'impotenza sessuale. Anche e soprattutto nel tuo modo inconsapevole di cucinare i noodles, o nella tua incostanza quando ti ridesti dal sogno di venire in Italia con me, di andare insieme nella città di Morrissey. Anche nel mio mondo fatto di chitarre assordanti che distorcono i suoni, come piace a me. Lo scrissi una volta, da diciassettenne, ma allora ci stava: "vivrò a lungo con l'incostante umore dei giorni di adesso?".

Nessun commento:

Posta un commento