giovedì 21 aprile 2011

La Scoperta dell'Omerika

Narrami oh Musa, narrami adesso dell'eroe spuntato che son io; narrami della mia lunga ed infinita Odissea... Due Penelope a casa, una viva nel ricordo, l'altra morta, annientata da se stessa. Una circondata dai Proci, scegline uno, fallo; l'altra circondata dal nulla. E io vago, confuso e ammaliato, esploratore di me, prima che dei mari mai navigati prima. Narrami adesso oh Mia Musa benevola, benefica, bendisposta; narrami del grande Ciclope Ignorante che mi segue ovunque. Capisse che a volte sono troppo debole per lui; lui che ha un solo occhio, e non vede le profondità, non le distingue, non vede la mia profondità. Narrami della mia gente che prende forme e colori sempre più nuovi. Del travolgermi per il gusto di farlo; delle Dee Calipso pronte e disponibili. Della Mia Odissea in cui le Colonne d'Ercole sono state divelte, con sprezzo per tutte le superstizioni e per tutte le paure. Narrami di Circe alla quale sfuggo per non cadere nelle tenebre. Di questa navigazione senza scossoni, di questa navigazione con un'indefinita quantità di pericoli...tutti superati, tutti messi a tacere con l'abilità di un navigatore scafato, esperiente, esigente. Narrami della mia esigenza di andare sempre più avanti, non importa quanti nodi all'ora percorro, non importa il numero delle miglia percorse. Narrami oh Musa Mia e Mia solamente, narrami delle tempeste, narrami della calma piatta del tramonto inglese, quando il Sole colora di un giallo cangiante i muri, le strade, i pensieri... Narrami adesso Musa, tanto Telemaco non esiste, ed è sicuro che il cane Argo mi riconoscerebbe dovessi tornare. Ma non c'ho voglia, no, non lo voglio. Voglio ancora esplorare, sentire su di me la brezza marina di quest'Odissea infinita fatta di pepe nero, di mostri che si tramutano in infanti che sorridono inebriati guardandomi negli occhi; voglio ancora percorrere, oh Mia Musa, mari e strade, voglio sfruttare i venti di Eolo, voglio spingermi oltre. E allora narra, Musa, narra ancora ed ancora, perchè si perda nei gusti e negli odori il ricordo di due Penelope, una giusta e semplice, l'altra terribile e morta, vilipesa da se stessa. E quindi narra ancora, che ti costa, oh Mia Musa, narra e racconta in tempo reale, dei treni che volano soavi e agresti sulle campagne celtiche, sulla pelle liscia delle mille e più Sirene, il cui canto è dolce e ha smesso da tempo di essere mortifero. È solo accattivante! Musa Mia Splendida, continua e non smettere, di narrarmi le gesta che mi appartengono, di quando sono protagonista attivo, e di quando allargo le braccia e mi esprimo così:”fate di me ciò che volete”. Di quando, un giorno, dovrò realmente dare contezza di tutto questo, di quando Itaca mi riaccoglierà, solo per qualche giorno, e ci sarà qualcuno pronto ad approfittare di tutta questa ricchezza. Narrami di questa storia senza tempo e senza alibi, di questa festa colorata o di questo pianoforte che suona in una stanza vuota. Narrami della mia vita, che è un barcone dalla chiglia finalmente solida che si allontana, e si allontana sempre di più. Narrami del futuro, bianco e illuminatissimo; anzi no, non narrarmi del futuro. Narrami oh Musa, della fierezza di Laerte, semmai fosse fiero di me; e ancora delle tele infinite di due Penelope, una meritevole di tutto, fors'anche di me, l'altra morta, schiacciata dal peso delle sue tristezze...

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