giovedì 19 settembre 2013

Verdi Cries

C'è, deve esserci quel posto, quel porto, quel luogo. Deve pur esserci, per il solo fatto che lo stiamo cercando. C'è un luogo in cui un uomo assaggia del tea, da solo. Si ascolta l'Aida attraverso una porta, si riempie una vasca da bagno, cantando. C'è, sta da qualche parte, quel luogo in cui la casa che ci accoglie, bianca, linda, regala il proprio portico ad una bianca spiaggia sul mare vergine delle dimenticanze; in cui la casa che ci nutre e ci protegge, bianca, candida, done in sacrificio il proprio patio alla fauna mansueta che si bea di noi. C'è, lo so, è scritta nella letteratura americana, è solcata nei vinili rovinati dal tempo gaglioffo, dalle noncuranze: sta nei quadri impressionisti questo luogo in cui potremmo rifugiarci sfuggendo a tutte le aspettative della povera gente, a tutti i rimandi ad una “vita felice”, ma senza maiuscole. C'è, piccola mia, c'è ed è grande, questa casa maestosa di semplicità. Un vassoio d'oro per la colazione, un birichino furto di biscotti ancora in preparazione, un'occhiata fintamente severa. Tu, io, e poi il mondo che parte da lì, dalla nostra bianca casa, dalla nostra spiaggia, dal nostro patio così autunnamente trascurato; il nostro mondo che finisce lì, nella penombra di un angolo dimenticato, dietro alla poltrona comoda del soggiorno, dentro la credenza che accoglie il servizio buono. C'è un luogo in cui non ci sono tasche, non ci sono bip invadenti, non ci sono gomme da masticare. C'è il luogo delle piccole cose, e delle attenzioni riposte su di esse, dei miei sguardi sui tuoi sguardi, dei passi fieri e dolci allo stesso tempo, delle piogge che attaccano docili le finestre; delle finestre da accostare, di una trapunta che sostiene la visione di un dvd. C'è, e lo sognamo insieme anche se da distanze siderali, c'è e lo abbiamo da sempre fatto nostro. Il cane è entrato e sta sporcando il tappeto. C'è una libreria dalla quale prendo un volume di Jack Kerouac, così sorrido un po'. C'è un luogo in cui tu usi una matita e ci giocherelli con le dita, in cui i fulmini sono spettacoli lontani, in cui il mare vergine non ci allontana da niente, semmai ci abbraccia forte per farci sentire al sicuro, amati, e perchè no vezzeggiati. C'è quel luogo in cui tutto è dimenticato, e in cui tutto è presente, in cui hai la stessa faccia di quella volta in cui mi dicesti “viene a dormire da me”. C'è un rifugio dalle procedure bastarde di una esistenza che ha smesso da tempo di essere vita; c'è una dolce prigione in cui i nostri istinti troveranno ristoro; una battigia sulla quale passeggiare con le scarpe da tennis ed il k-way, la felpa e un braccialetto colorato. Una roccia rossastra in lontananza, un silenzio dirompente. C'è un letto da farci sopra l'amore, da farci sopra, a ritmo, un capolavoro di arie, di storie, di martiri a lieto fine, di morte sconfitta dalla vita, di luoghi comuni derisi dalla felicità. C'è una ricompensa. C'è un luogo, piccola mia, in cui ogni giornata finisce con l'applauso di un pubblico competente.

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