venerdì 1 febbraio 2013

Inebrianti Aspettative

E adesso voglio scrivere. Voglio scrivere di quelle aspettative che fanno pensare alle periferie della vita; di “Addio alle armi”, di quel pezzo che ti torna in testa, te lo canti, finalmente, passo passo, te lo traduci. Voglio scrivere ancora di palazzi luminosi, di manga, di chiese sconosciute, di occhi che luccicano. Di un paio di esperti tanga. Di candele, di visi che con tenacia si tengono aggrappati ad una fanciullezza che non torna più. Che resterà per sempre lì. Che non se ne andrà mai. Voglio scrivere di peccati, di quei peccati così artefatti che quando li compi senti di far parte di una recita col fiocco rosso sopra. Nessun velo mi copra. Voglio scrivere perché l'autocompiacimento è sale, frutta e accordi. Scrivo adesso perché più tardi potrebbe essere diverso; tutto potrebbe precipitare da là. E io, e voi, e tutti....insomma la vita ha bisogno di 'sti gingilli dolci prima, poi chissà. Voglio scrivere di tennis, servo e scendo a rete. Di viaggi, di itinerari, niente mappe, niente mete. Eh già, voglio scrivere di coraggio, di esistenze ripartite in millesimi; voglio raccontare di facezie e tenerezze che scappano via dalla mia testa e poi, amici intimi, e poi festa. Voglio solcare l'intercapedine che c'è tra le lugubri incombenze e i sogni proibiti. Voglio mangiare i torsoli, le lische, sperando nei canditi. Tagliare di netto l'azzoppante cordone; voglio varcare la soglia dell'infinito, voglio partecipare alla sorda collettiva masturbazione, che ci isola gli uni dagli altri, e ci tiene dentro il calderone. E la voglio raccontare, con le mie parole, con i miei guizzi, con i miei scatti, con i miei soldatini di piombo. Ci voglio dentro il tuono, lo scrosciare assordante, il rombo. Voglio scrivere adesso, e poi voglio farlo domani, e ancora e ancora. Come un aereo che decolla (a proposito, ne leggerete mai le gesta?), voglio innalzarmi terminatore, malandrino, santo, tumido, altezzoso. Voglio guardare fiero dritto nel tuo sguardo, e voglio che sia incantato, maldestro ed ombroso. La mia parola contro quella del mondo. La mia parola con tutte le altre. Voglio scrivere adesso, di come sarebbe gentile, da parte della vita, che ancora una volta le brame si frapponessero docili a ciò che sto per fare. Voglio scrivere perché c'è ancora tempo, perché al tempo non si può rimediare; e allora voglio sviscerarle ad una ad una queste quattro omissioni tenute dentro, tenute care, attaccate alla bacheca, con le puntine da disegno. Voglio, te lo giuro, soltanto ridere con te, e magari un bacio in pegno. Colazione tra amici, un'occhiata furtiva al terminal arrivi, un boccone veloce, un suggerimento volutamente sbagliato. Una punta di sarcasmo, la scollatura a vù, una goccia di Dior. Voi andate via, io resto. Resto perché voglio continuare a scrivere, a darci dentro col martello. “Do you love me like I used before?”

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